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Quel che resta del liceo: scelte, ripassi, e qualche montagna

19 Agosto 2025 12 commenti

Quest’anno Giulia ha finito il liceo francese. Nei mesi passati ha attraversato [1]O meglio, a casa abbiamo tutti quanti attraversato, e questa è stata certamente una delle sorgenti dello stress di cui parlavo altrove, sebbene di certo non la principale. la fatica della preparazione degli esami del bac [2]Baccalaureat, la maturità francese e degli esami dell'IGCE [3]Che sta per International General Certificate of Secondary Education, perché Giulia ha anche seguito i corsi della sezione internazionale britannica per conseguire il BFI [4]Baccalaureat Francais International, una versione internazionale della maturità che aumenta di un buon fattore tre la quantità di esami dell'ultimo anno di liceo [5]Ché a casa Delmastro non ci facciamo mancare niente.. Fine del liceo significa anche scelta del proprio futuro professionale o accademico, ovvero, nel caso di Giulia, scegliere cosa e dove studiare all'università.

Scegliere non è mai facile, meno che mai lo è a 17 anni. Il liceo francese dura un anno in meno e le scelte si fanno tra l'inizio dell'ultimo anno, quando la metà degli allievi ha alla meglio 17 anni, spesso anche meno. È almeno un anno prima di quanto gli studenti in altri paesi siano confrontati con scelte simili, e a quell'età in un anno la maturità emotiva cambia drammaticamente. Aggiungete a questo il considerare come opzioni possibili lo studiare in Gran Bretagna (le applicazioni su UCAS si fanno a metà ottobre), oppure in Francia (e il delirio di ParcouSup e delle sue varie tappe inizia a febbraio e scandisce il tempo fino a luglio), oppure in Svizzera (dove ci si pre-iscrive a marzo, ci si mette in lista d'attesa per un posto alle residenze universitarie ad aprile, si confermano le scelte a luglio, e si tengono le dita incrociate fino ad agosto).

Giulia ha passato il bac con voti molto buoni (brava!), ha rinunciato ad andare a studiare in Gran Bretagna perché sarebbe stato finanziariamente inarrivabile, ed ha saputo una settimana fa di essere stata accettata per studiare matematica all'EPFL di Losanna, la sua prima scelta (bravissima!). A settembre Giulia avrà dunque ancora 17 anni, e uscirà di casa per andare a studiare e vivere da sola, e la cosa ci fa un certo effetto [6]Ma Losanna è a 50 minuti d'auto da casa, e potrà rientrare quando vuole, anche ogni fine settimana, vuoi per fare delle lavatrici e svuotare il frigo, vuoi solo per farsi coccolare un po'. e dovremo imparare a convivere con una nuova fase della vita, certamente per lei ma anche per Irene e per me.

Al di là delle alpi mio nipote G., che ha finito il secondo anno del liceo scientifico in Italia, è stato invece rimandato di fisica. G. è in gamba e molto intelligente, ma ha 16 anni e la testa dura tipica dei maschi a quell'età: vola veloce sulle cose e pensa spesso che i professori siano stupidi, i professori non amano troppo gli alunni troppo veloci che li considerano degli stupidi, e la velocità non è il modo migliore per consolidare delle conoscenze che richiedono spesso pazienza e rigore. G. non è stato rimandato con un'insufficienza troppo grave, e penso che se la caverà agli esami di riparazione, ma chiaramente deve studiare per prepararli, prendendosi il tempo che non ha saputo trovare alla fine dell'anno.

Ci sono dunque Giulia che è stata presa all'EPFL, e allora vuole rivedere un po' di matematica e fisica del liceo in vista dell'inizio dell'università, e G. che deve invece studiare fisica del biennio del liceo per gli esami di riparazione. E allora ho preso ancora una settimana di ferie, e sono andato in montagna con entrambi, a fare una settimana di full-immersion di fisica liceale e camminate nei boschi, sperando che la cosa potesse essere utile a entrambi. Irene è giustamente rimasta a casa, aveva altre incombenze che necessitavano una certa tranquillità, che l'eccesso di adolescenti e di fisica non potevano certo garantire.

Cugini in sessione di ripasso montanaro

Sono tornato dalla montagna qualche giorno fa, e queste sono le cose che ho osservato o realizzato in questi giorni di physics summer school per prole e nipotame diversamente studioso.

  • In Italia al liceo la fisica si studia già nel biennio, ma spesso in modo superficiale. Ai miei tempi la fisica veniva solo introdotta nel triennio del liceo, inizialmente con basi algebriche, ma poi anche con una trattazione basata sul calcolo differenziale. Chiaramente questo al biennio del liceo non si può ancora fare, e il risultato è una fisica quantitativamente molto ridotta, o basata su assunzioni non spiegate. G. doveva per esempio saper risolvere problemi basati su oscillatori armonici (molle, pendoli, ...) di cui conosceva le espressioni per i periodi, ma che ovviamente non sapeva ricavare.
  • In Francia al liceo si studia molta meno fisica che in Italia. Intanto, la fisica viene insegnata in un'unica materia in associazione con la chimica ("physique-chimie"), con una prevalenza incredibile della chimica, sia in termini di quantità di argomenti che di profondità della trattazione. La fisica finisce schiacciata, sia in termini di profondità che di estensione degli argomenti. Giulia ha studiato e sa fare calcoli di chimica che io ho affrontato solo all'università, ma in compenso non ha mai risolto un’equazione che descriva un moto armonico (di nuovo: molle, pendoli, ...) nonostante semplici equazioni differenziali fossero nel suo programma di matematica [7]Ovviamente le abbiamo risolte noi insieme alla physics summer school per prole e nipotame.. In maniera analoga, alla fine del liceo francese, Giulia non conosce nulla di magnetostatica - il programma francese si limita all'elettrostatica, e allora niente campi magnetici prodotti da correnti elettriche, o trasformatori, o induttanze - e dovrà studiarla un po' per non partire svantaggiata. Non parliamo di un'infarinatura di fisica moderna (relatività ristretta o un po' di meccanica quantistica) che invece viene proposta ai liceali italiani all'ultimo anno.
  • In Francia la connessione tra matematica e fisica è povera e insufficiente. Sia Giulia che G. sanno cosa sono i vettori e sanno calcolare un prodotto scalare, ma nessuno ha spiegato loro come questo possa essere utilizzato per calcolare il lavoro compiuto da una forza in una configurazione non banale. Se G. è giustificato (perché G. non sa proprio cosa è il lavoro compiuto da una forza: la meccanica insegnata nel biennio del liceo italiano non comprende considerazioni energetiche, non si sa ancora cosa siano potenziale, energie cinetica o momento), Giulia ha tutti gli strumenti per fare il nesso e capire finalmente a cosa possa mai calcolare una grandezza scalare da due grandezze vettoriali, ma nessuno le ha fatto fare il collegamento. Ovviamente Giulia si inalbera quando glielo spiego io: tanto contro la pochezza del sistema scolastico francese in generale, che contro i suoi professori di matematica in particolare. Io un po' gongolo, la ribellione va sempre bene, e un po' mi dispiaccio, perché mi pare un'opportunità mancata.
  • La scuola francese istiga alla dimestichezza con il calcolo, e trascura il ragionamento. Ho seguito da vicino tutti gli studi di mia figlia in Francia, e questa cosa mi è chiarissima: la precedenza è data all'apprendimento dell'algoritmo di soluzione (che sia in matematica, fisica o chimica) e non alla comprensione creativa. Ergo, se i problemi sono standard gli studenti francesi sono in generale molto rapidi, ma se il problema richiede un po' più di astrazione per essere formulato, o un uso creativo della conoscenza per risolvere delle situazioni particolari, vanno facilmente in tilt. In questo mi sembra che la scuola italiana, con una varietà di problemi ben più ampia (da quello che ho potuto vedere dai testi che mi ero procurato per la settimana) mi parrebbe potenzialmente più stimolante al pensiero scientifico critico [8]Uso deliberatamente il condizionale non ho esperienza diretta di come questi testi siano usati, se non con una statistica molto misera, e non azzardo dunque una teoria generalizzata.. Giulia ha avuto la fortuna di studiare anche della matematica aggiuntiva nel contesto della sezione internazionale inglese, dove lo studio è molto meno formale e molto più basato sulla scoperta. Per lei i due approcci si sono rivelati complementari e l'hanno fatta crescere molto, ma chi ha solo accesso alla didattica francese mi pare svantaggiato.
  • Il liceo francese prepara principalmente a passare gli esami. Lo stesso professore di matematica di Giulia, peraltro piuttosto bravo, lo ammetteva candidamente durante l'anno: lo scopo è mettere in grado gli alunni di risolvere i problemi del bac, non necessariamente di capire. Forse questo è vero anche in altri sistemi scolastici, ma in Francia la cosa è particolarmente esasperata, specie pensando a quello che viene dopo il liceo per i "migliori": le "classes preparatoires", che a loro volta servono a passare i concorsi per entrare nelle "Grandes Ecoles". Sono contento che Giulia provi a fare l'università in Svizzera: sarà certamente dura, ma sarà uno studio votato alla comprensione, e non alla preparazione di un esame per entrare in un'altra scuola.
  • Un contesto di studio accogliente e collaborativo fa bene a tutti. G. ha lavorato sodo per tutta la settimana, Giulia lo ha spesso aiutato, ma anche la presenza di G. ha aiutato Giulia a mettersi a rivedere con una certa umiltà cose che dava per scontate, ma che ha scoperto poter essere più complesse di quanto pensasse. È certo facile farlo con soltanto due studenti che sono anche parenti e avendo tutto il tempo necessario a disposizione, ma c'è qualcosa di profondamente vero. La competizione in classe non serve a nessuno (e in Francia in particolare è veramente esasperata), i voti dovrebbero essere solo uno strumento, e generalmente i ragazzi hanno voglia di imparare.
  • La montagna resta un ambiente impagabile per concentrarsi senza distrazioni, stare insieme aiutandosi, e prendersi responsabilità. Faceva molto caldo, e siamo usciti a camminare solo a fine pomeriggio, o mattino presto, o persino la sera. Muovere le gambe nel bosco è stato un complemento ottimo allo studio sui libri, e anche sui bricchi ci siamo ritrovati a parlare di fisica e matematica con leggerezza, insieme a tutto il resto che usciva da teste e cuori quando il sole tramontava dietro alle montagne. Sarà che ho fatto il capo scout per tanti anni, ma ho ritrovato in questi giorni i modi e ritmi di campi estivi route, dove era evidente che io ero l'adulto responsabile, ma mi aspettavo dai ragazzi collaborazione nella gestione quotidiana, rispetto di tempi e spazi, responsabilità e iniziativa. Loro hanno risposto senza sottrarsi, molto di più di quanto non facciano normalmente a casa, dove è forse facile nascondersi dietro certe abitudini spesso infantilizzanti.
  • A me insegnare piace proprio tanto. Non è una novità, ma mi sta portando a riflettere non poco sulla mia carriera, e a eventuali cambiamenti. Non so se e cosa possa uscirne, ma il pensiero c’è, ed è sempre il primo passo il più difficile.

In bocca al lupo a G., gli esami di riparazione sono la settimana prossima!

Cugini in sessione di scarpinata defatigante dopo il ripasso montanaro

Note[+]

Note
↑1 O meglio, a casa abbiamo tutti quanti attraversato, e questa è stata certamente una delle sorgenti dello stress di cui parlavo altrove, sebbene di certo non la principale.
↑2 Baccalaureat, la maturità francese
↑3 Che sta per International General Certificate of Secondary Education
↑4 Baccalaureat Francais International
↑5 Ché a casa Delmastro non ci facciamo mancare niente.
↑6 Ma Losanna è a 50 minuti d'auto da casa, e potrà rientrare quando vuole, anche ogni fine settimana, vuoi per fare delle lavatrici e svuotare il frigo, vuoi solo per farsi coccolare un po'.
↑7 Ovviamente le abbiamo risolte noi insieme alla physics summer school per prole e nipotame.
↑8 Uso deliberatamente il condizionale non ho esperienza diretta di come questi testi siano usati, se non con una statistica molto misera, e non azzardo dunque una teoria generalizzata.

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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