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E se... 4. Smettere di lavorare gratis

18 Giugno 2009 11 commenti

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E se... giovani laureati di belle speranze, dottorandi, assegnisti di ricerca e ricercatori precari la smettessero di lavorare gratis? E se, più esplicitamente, fosse loro vietato di assumente qualunque incarico didattico non retribuito? E se, a margine, abolissimo l'ignominia dei professori a contratto?

  • Funziona più o meno così. Tu ti sei appena laureato e speri di poter restare in università per continuare a fare della ricerca. Oppure hai appena vinto il concorso di dottorato, e ti senti di botto un accademico rodato, finalmente dall'altra parte della barricata. Oppure hai iniziato da poco un assegno di ricerca o un altro contrattino precario, e non diresti mai di no al professore che ti ha sostenuto fino ad adesso. Rifiuteresti dunque forse un incarico didattico, da assumere come una forma di volontariato benevolo? Giammai. Perché ti illudi che la visibilità che questo incarico di darà in università ti aiuterà ad avanzare; perché sei vanitoso, e non vedi l'ora di stare dall'altra parte della cattedra; perché lo fanno tutti, e non puoi certo dire di no al tuo mentore: se dici di no tu l'incarico sarà assunto da un altro, che ti sorpasserà nella classifica di gradimento del tuo professore referente. E dunque accetti.
  • Fai un danno a te, e agli altri. Insegnare è una cosa seria, che richiede tempo e dedizione. Molto più tempo e molta più dedizione che le sole ore di esercitazioni frontali o di laboratorio o di seminario che ti hanno regalato, e che tu hai accettato gongolante. Tempo e dedizione che dovrai tirare fuori in qualche modo; e, siccome le giornate hanno una durata limitata, lo farai sottraendo tempo al tuo incarico primario di dottorando, assegnista, ricercatore precario: fare ricerca. Un dottorando o un assegnista che spenda i suoi pomeriggio a fare orali per conto del suo professore si sta dando la zappa sui piedi, perché alla fine sarà (dovrebbe essere) valutato per la qualità e l'originalità della sua ricerca, non per le ore di lezione ed esami che ha regalato al suo professore (ehi! Sei un dottorando o un assegnista? Rileggiti per bene il contratto: non c'è scritto da nessuna parte che tu abbia degli obblighi didattici!). E fa un danno al sistema universitario perché, siccome sta regalando le sue prestazioni didattiche, queste non verranno conteggiate nell'organico ufficiale. Magicamente allora l'università potrà dunque sostenere di essere in grado di gestire corsi di laurea a cui sono iscritte centinaia di persone con una manciatina minuscola di professori. O meglio, lo potrà sostenere il ministero, che dunque non avrà alcuno stimolo a rivedere il sistema di distribuzione dei fondi e l'organizzazione generale. Com'è economica l'università, con la gente che ci lavora gratis!
  • Come può esserci competizione e meritocrazia senza retribuzione? Perché dovrei assumere il professore più bravo (che probabilmente costerebbe caro) quando posso avere quello più economico (l'assegnista o il ricercatore precario che è pronto a lavorare gratis)?
  • Il sonno della ragione genera mostri. E questi mostri si chiamano professori a contratto, che sono l'apice della stortura di un sistema che si avvale di collaborazioni didattiche gratuite (o quasi). Premessa: il "professore a contratto" viene inventato per permettere alle università di avere come docenti "straordinari" professionisti di chiara fama nell'ambito della loro disciplina, che vengano ad affiancare occasionalmente gli accademici veri e propri con corsi monotematici estemporanei. Peccato che questo utilizzo sia veramente ridotto, e oggi si usi invece l'istituto del professore a contratto per assumere come docenti "ordinari", a totale discrezione e senza concorso alcuno, semplici laureati compiacenti che accettano le paghe da fame (stiamo parlando di cifre dell'ordine del migliaio di euro. L'anno!) pur di mettere un piede in università dalla porta di servizio, fregiarsi del titolo di professore, e mettersi in lista d'attesa sperando che la loro compiacente sottomissione gli renda a tempo debito in cambio un posticino, un concorsino, un altro contrattino. Il peggio è poi che il numero massimo di professori di questo tipo che una facoltà può avere è conteggiato appunto per facoltà, e non per corso di laurea. È dunque possibile istituire interi corsi di laurea senza praticamente nemmeno un ordinario o un associato che vi insegni. Vorreste iscrivervi? Io no.
  • Qualcuno di ribella. E meno male. Era ora.

Leggi le altre puntate:

  • E se… 3. La valutazione della ricerca
  • E se… 2. I finanziamenti
  • E se… 1. I concorsi

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Commenti

  1. Valter dice

    18 Giugno 2009 alle 16:57

    Non sono dentro a queste cose ma una cosa quasi diritta, é e resta pur sempre una cosa storta. Destinata oltretutto col tempo e col peso a piegarsi ancora di più. No ai compromessi se ci va di mezzo l'etica.

    Non c'entra col calcio ma mi verrebbe da raccontare cos'ha fatto il piemontese tenente Guillet per avanzare di grado, senza venir meno al suo onore di uomo verso la dignità della sua futura donna.

    Rispondi
  2. Nantas dice

    18 Giugno 2009 alle 20:30

    Il problema è questo:
    [cit.] "se dici di no tu l’incarico sarà assunto da un altro, che ti sorpasserà nella classifica di gradimento del tuo professore referente."
    Come si può avere il coraggio di rinunciare a una possibilità del genere? Unica maniera è iniziare a cambiare dalla radice, oppure protestare compatti e uniti come stanno facendo a Pisa, Torino e a Firenze

    Rispondi
  3. Walter Caputo dice

    18 Giugno 2009 alle 22:28

    Carissimo Marco,
    un post davvero interessante !!! Io ho avuto qualche piccola esperienza di concorso universitario e mi è venuto veramente da vomitare. Questo è il motivo per cui ho scelto l'insegnamento e non la ricerca, ma seguendo esclusivamente la strada privata (rinunciando completamente a quella pubblica).
    ciao
    Walter

    Rispondi
  4. finto-anonimo dice

    18 Giugno 2009 alle 23:47

    son cazzi... per usare un francesismo.
    Il mio mentore è stato più onesto, mi ha detto che ora come ora non vede futuro, o l'università chiude o risorge, è ovvio per quale delle due sembra volgere al momento

    Rispondi
  5. Gianluigi Filippelli dice

    19 Giugno 2009 alle 11:14

    Grazie per il trackback,
    Gianluigi!

    Rispondi
  6. Peppe Liberti dice

    19 Giugno 2009 alle 11:22

    sottoscrivo

    Rispondi
  7. Alex dice

    20 Giugno 2009 alle 02:18

    Condivido in toto. Unica cosa, dall'anno prossimo in poi entra in vigore la legge 270 e non si potra' piu' fare un corso di laurea con soli professori a contratto: ci saranno dei requisiti minimi di docenti strutturati, a livello di corso di laurea.

    Rispondi
  8. Marco dice

    20 Giugno 2009 alle 08:22

    Alleluja! E quale sarà il requisito minimo? Quale frazione del totale dei docenti per gli insegnamenti attivati?

    Rispondi
  9. chiara dice

    22 Giugno 2009 alle 15:23

    questa è esattamente la situazione in cui si trova la mia coinquilina..contratto super precario per seguire un progetto in collaborazione con una fondazione bancaria...in realtà assistente del professore:
    1) preparare le slide e le dispense per i corsi
    2) fare lezione frontale quando il professore non può
    3) interrogare gli studenti agli esami

    ....e non fa neanche il dottorato!!!!!!

    questa è anche la situazione in cui si è trovata per anni mia sorella

    ...e poi uno si chiede perchè ho rinunciato all'idea di fare il dottorato in storia dell'architettura....

    Rispondi
  10. Alex dice

    24 Giugno 2009 alle 01:50

    Requisiti minimi: 12 docenti di ruolo per una laurea triennale, 8 per una magistrale come da allegato B della legge 270 del 2007. Ogni docente può figurare solo una volta, anche se insegna in due corsi di laurea diversi. Inoltre, sono fissati dei parametri da soddisfare per raggiungere livelli di qualità (allegato 1).
    Non ti dico il mazzo che si sono dovuti sorbire i presidenti di CCS e delle commissioni didattiche.. se vuoi averne un'idea, qui c'è la legge 270:
    http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/6674Defini.htm
    e al fondo trovi i link per gli allegati.

    Rispondi
  11. Grazia dice

    2 Luglio 2009 alle 16:43

    Condivido, ma rimane il problema che la stragrande maggioranza dei "precari della ricerca" italiani si adattano a tutto: lavorare ed insegnare gratis, come anche fare da tassisti al prof di turno...
    mi viene in mente che aspettino di salire nella scala di potere per potersi comportare come sopra!

    Ingenuamente mi sono prestata una volta a fare le esercitazioni gratis per una decina di ore, e nemmeno al mio mentore, ma ad un ricercatore del dipartimento, con la possibilità che mi venisse affidato un tutorato l'anno successivo. Invece l'anno successivo hanno fatto un corso per un sedicente "professore a contratto" per cui non sono stata proprio considerata...ben mi sta, così ho capito che è sempre sbagliato lavorare gratis!
    Ciao!

    Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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