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Giro del Monviso 2021: qualche pensiero al ritorno

17 Agosto 2021 1 commento

Il rifugio Quintino Sella al tramonto
Il rifugio Quintino Sella al tramonto

A inizio agosto siamo stati a fare il Giro del Monviso. Dopo un anno chiuso a lavorare in casa causa COVID, l'idea di sgambare sui monti per quattro giorni dormendo per tre notti in rifugio ci è sembrata il paradiso! È stato bello sognare la strada prima di partire, e durante le cose sono andate molto bene, nonostante i rifugi fossero ancora in modalità "pandemia" (e dunque obbligo di saccoapelo e ciabatte proprie che hanno appesantito gli zaini, e ovviamente mascherina). Sono tornato da qualche giorno e ho buttato giù qualche riflessione, che raccolgo qui sotto in ordine piuttosto sparso. Al fondo ci sono anche i link con i dettagli del percorso e le tappe, per chi fosse interessato.

Sul sentiero tra il Rifugio Sella e il Rifugio Vallanta
Sul sentiero tra il Rifugio Sella e il Rifugio Vallanta

Il gruppo. Dovevamo essere in 8 (due famiglie, 4 adulti e 4 ragazzi), siamo finiti per essere in 14 perché la famiglia dei nostri amici ha esteso l'invito ad altre due famiglie. Alla fine eravamo 8 adulti e 6 ragazzi, età 8, 10 e 4x13. Inizialmente ero sospettoso non conoscendo gli amici degli amici (che io sia in fondo un po' un orso misantropo non è una novità, ma non era quello il motivo principale del timore), in particolare perché i due tredicenni acquisiti erano: 1) maschi, e 2) compagni di scuola del 13enne inizialmente previsto. Temevo insomma un gran scazzo di mia figlia e che i tre maschietti facessero comunella da soli: invece uno dei due nuovi acquisti si è rivelato molto simpatico e aperto, con gusti molto simili a mia figlia (in sostanza, un altro nerd), e hanno fatto subito amicizia. Tra le molte belle cose portate a casa da mia figlia dal cammino credo ci sia anche l'idea che i maschi della sua età non siano completamente idioti e insopportabili, ma che sia possibile interagire con loro a livelli accettabili e persino piacevoli (lei non la direbbe così, e sarebbe molto più cinica e scettica, ma la sostanza reale è quella).

Zaini piccoli e zaini grandi

I bambini. I due piccoli, rispettivamente 8 e 10 anni, che erano altro motivo di inquietudine per la fatica e l'incognita di come avrebbero reagito alle tappe lunghe, si sono comportati egregiamente. Il piccolo in particolare si è rivelato una forza della natura: certo, aveva uno zainetto piccolo, come si confà a uno scricciolo con quelle gambette, ma è venuto su con forza e sempre entusiasta. Ha avuto una sola piccola crisi nella salita a Rifugio Vallanta (salita che ha provato tutti, grandi e piccoli, per lunghezza, caldo e mancanza d'acqua), crisi prontamente risolta da una pausa sul torrente, e soprattutto dalla geniale proposta di costruzione di una diga da parte di suo padre. La decenne invece era motivata da storie e racconti, oppure da canti sul sentiero. Ovviamente indovinate a chi è toccata quest'ultima incombenza? 🙂

Dalla finestra del Refuge du Viso
Dalla finestra del Refuge du Viso

I rifugi. Ero partito con un grosso pregiudizio rispetto all'unico rifugio francese dei tre dove avremmo dormito, e invece si è rivelato il migliore: gestione gentile, camere molto belle, doccia calda inclusa nel prezzo (dove altrove era da pagare a parte e comunque non disponibile), bagni pulitissimi, e in generale una gestione che stimolava la collaborazione (tavole comuni da sparecchiare, attrezzi per tenere puliti i bagni a disposizione), mentre nei rifugi italiani ho trovato un approccio molto più simile a un "albergo a alta quota", che purtroppo spinge a non sentirsi responsabili degli spazi comuni. E, paradossalmente, ho pure mangiato meglio a Refuge du Viso che al Quintino Sella o al Vallanta. Poi, sia chiaro, molto fa anche il piazzamento (il Sella accoglie tutti gli alpinisti che fanno il Viso, il rifugio francese quasi esclusivamente escursionisti, ed ha dunque tempi organizzativi più rilassati), ma con mia sorpresa ho avuto la netta impressione di una gestione più responsabile (anche in termini ecologici e di gestione di rifiuti) in Francia.

Zaini moderni e vecchie conoscenze

Lo zaino. Ero partito con quello che uso normalmente di questi tempi, uno zaino iperleggero da alpinismo da 30 litri. Nei rifugi, però, a causa COVID quest'estate non davano coperte e ciabatte, per cui abbiamo dovuto portare sandali e sacchiapelo. Temendo di non avere abbastanza spazio (e di dover scaricare del peso dagli zaini dei ragazzi) a Torino ho recuperato a casa dei miei il mio vecchio Berghaus da 80 (ottanta!) litri che ho comprato nel 1991, e che mi ha seguito dappertutto per vent'anni. E niente, alla fine ERA SEMPRE PIENO! Con la scusa dello spazio, finivo per caricarmi 4 o 5 picnic, e l'asciugano di quello e la borsa della roba sporca di quell'altro e il saccoapelo di quell'altro ancora. Il primo giorno pensavo di morire, erano anni che non portavo uno zaino così pesante. E invece, miracolosamente, anche le spalle si abituano!

Il tempo. Abbiamo avuto una fortuna sfacciata: bello stabile per quattro giorni, con caldo di giorno (nonostante l'altitudine), ma mai insopportabile. La discesa nel vallone di Pontechianale, punto più basso e afoso, aveva però un bel ruscello per una lunga pausa e bagni e giochi d'acqua.

Pastasciutta e enigmi

L'animazione. La dinamica di un gruppo di ragazzini portati a camminare per quattro giorni su sentieri si montagna è sempre un'incognita, specie se i fanciulli non si conoscono bene. Per evitare noia, ma soprattutto per regalare loro uno strumento per "rompere il ghiaccio", avevo pensato a qualche elemento di animazione sulla strada: dopo averlo fatto per anni come capo scout, l'idea di cimentarmi di nuovo mi stuzzicava non poco. Così, a tarda sera dopo aver finito di lavorare, ho inventato una specie di "caccia al tesoro" itinerante, basata su semplici codici da decifrare nascosti tra zaini, scarponi e bacchette da marcia. La cosa ha avuto parecchio successo: era semplice e gli enigmi hanno funzionato bene come breve intrattenimento serale o nelle pause, e con lo scopo principale che avevano: dare a dei ragazzi che non si conoscevano tanto (ovvero, mia figlia vs gli altri) una scusa per rompere il ghiaccio, fare conoscenza e poi autogestirsi le relazioni.

La traccia del cammino

La credenziale. Avevo anche disegnato e stampato una "credenziale" per raccogliere i timbri dei rifugi: è stata apprezzatissima, paradossalmente anche dai gestori dei rifugi che mi hanno chiesto più volte da dove venisse, e non si capacitavano che la avessi fatta io. In genere alla sera i più piccoli raccoglievano quelle degli adulti e le facevano timbrare tutte, con grande fierezza! Avevo anche fatto stampare delle spillette come "premio" della caccia al tesoro (ma sostanzialmente come ricordo dell'impresa), l'idea mi era venuta ritrovando una spilletta che mi avevano regalato sulla Via degli Dei nel 2019. Costo miserrimo, grande entusiasmo per un'oggettino "reale" da portarsi a casa.

La lettura serale. Basandomi sui ricordi dei racconti intorno al fuoco dei campi scout, mi era venuta voglia di portare un libro da leggere ad alta voce nelle pause e alla sera. Seguendo i consigli del mio amico Fabio, avevo scelto "La stanza 13" di Robert Swindells. Non che avessi dei dubbi, ma la lettura delle pause e alla sera ha entusiasmato tutti. Ho letto principalmente io, ma a un certo punto anche altri genitori si sono prestati al gioco e hanno chiesto di darmi il cambio. I ragazzi chiedevano "un capitolo!" con una certa insistenza ogni volta che fosse possibile. Non abbiamo finito il libro, ma lo hanno firmato e hanno deciso di passarselo nelle prossime settimane per finirlo da soli. Il primo turno è andato al tredicenne più timido, che quando ha saputo che poteva tenere lui il romanzo ha fatto un sorriso da orecchio a orecchio!

Giochi al lago

I ragazzini sui sentieri. A chi mi chiedeva prima di partire se non avessi paura che i ragazzini di oggi si potessero annoiare senza schermi e telefoni, mi sento di rispondere che, secondo me,  i ragazzi di oggi apprezzano tanto quanto quelli di ieri se gliene si da la possibilità. Molto dipende ovviamente dall'abitudine - non porterei a fare un giro del genere un ragazzino che non ha mai camminato un montagna - e dall'ambiente che li circonda. Ma l'assenza di divertimenti "moderni" nei rifugi - cellulari, rete - non è mai stata un problema, i ragazzini incontrati - nostri o altri - giocavano tra loro con niente: carta e penna, carte da gioco del rifugio, sassi e bastoncini, con grasse risate e niente noia. E lungo il cammino era tutto un fiorire di indovinelli, giochi di parole, racconti. Io sono fiducioso.

Pensieri al tramonto

La montagna. Che dire? Non delude mai. Abbiamo attraversato ambienti molto diversi (severa alta montagna di pietraie, pascoli alpini, bosco di mezza montagna, ...) che ci hanno riempito occhi, cuore e gambe per un bel po'. Il Re di Pietra ci ha osservato dall'alto per quattro giorni, e abbiamo avuto modo di vederlo da tutti i lati. Siamo riusciti a passare l'ultima notte, l'11 agosto, al Refuge de Viso, che, essendo un rifugio "ecosostenibile", spegne tutte le luci alle 22: eravamo veramente nel posto migliore per vedere le Perseidi e la Via Lattea, e non vi dico l'entusiasmo dei ragazzi, ma anche degli adulti! Chiudere i giro passando da Buco di Viso è stato un regalo aggiuntivo, veramente entusiasmante specie per i più piccoli.

Il buco di Viso
Il buco di Viso

Il percorso. La scelta del verso della camminata è stata ideale: se mai doveste immaginare di fare il giro del Monviso, consigli di sicuro di farlo in senza orario partendo da Pian del Re, il dislivello è lo stesso ma le salite sono più abbordabile che nel senso opposto. Nei link qui sotto trovate le tracce (anche GPS) del percorso:

  • Giro completo da Pian del Re
  • Prima tappa: Pian del Re - Rifugio Quintino Sella
  • Seconda tappa: Rifugio Quintino Sella - Rifugio Vallanta
  • Terza tappa: Rifugio Vallanta - Refuge Viso
  • Quarta tappa: Refuge Viso - Buco di Viso - Pian del Re

e qui invece un'animazione tridimensionale della camminata:

Sono seduto a una scrivania da ieri mattina, e già ho voglia di ripartire...

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Emanuela dice

    30 Maggio 2022 alle 09:52

    Grazie Marco, è sempre molto avvincente per me che non mi muovo mai da Torino poter godere della condivisione dei suoi bei viaggi, momenti, esperienze, foto, lavoro (anche se di quest'ultimo capisco più niente che poco) .. una persona preziosa!
    Cari saluti da Emanuela

    Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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