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There should be laughter after pain

22 Settembre 2020 6 commenti

Da quando è iniziata la scuola, a casa nostra la sveglia suona alle 6:45. Grazie a una fortunata desincronizzazione degli orologi, quella del mio telefono parte circa 30 secondi prima dell’orribile BIP!-BIP!!-BIP!!! della sveglia da due soldi di Giulia, invitandomi al nuovo giorno con il delicato arpeggio che apre Why worry dei Dire Straits:

Baby I see this world has made you sad
Some people can be bad
The things they do, the thing they say
But baby I'll wipe away those bitter tears
I'll chase away those restless jears
That turn your blue skies into grey

Nonostante il sonno e le giornate che si accorciano inesorabilmente, la delicatezza delle note della chitarra di Mark Knopfler sono un balsamo per iniziare la giornata. Salto giù, mi lavo, mi vesto. Quando poi, qualche minuto dopo,  scendo in cucina a preparare la colazione, da qualche giorno mi scopro a fare un medley tra i Dire Straits della sveglia e una vecchia canzone riemersa dalla memoria delle mie domeniche da ragazzino in una parrocchia torinese. Eccomi allora che canticchio mentre preparo il caffè:

Ti è mai capitato un mattino
di alzarti ancor prima dell’alba
vedere le strade deserte che accendono la vita?
E come d’incanto la tua città
si riempie di cuori
che battono ancora
e senti il tuo cuore che batte
solo per farti amare.
È un nuovo giorno
e la vita si accende
posso ricominciare.
È un nuovo giorno
è una nuova speranza
posso ricominciare.

I cortocircuiti della mente sono spesso imperscrutabili.

Giulia, a cui il trilinguismo permette di capire al volo le parole delle canzoni inglesi come io solo mi sognavo alla sua età (e pure dopo), ha ovviamente imparato già la canzone della sveglia. Mentre saliamo in auto ogni tanto la sento canticchiare:

There should be sunshine after rain
These things have always been the same 
So why worry now?

Io sorrido, perché conosco bene la sua ansia di arrivare in ritardo a scuola, di non avere tutti i quaderni in cartella, di non aver fatto tutti i compiti. E sorrido anche pensando che una certezza così assoluta nella possibilità di un rinnovamento dopo qualunque dolore, qualunque ingiustizia, uno può avercela solo a quell’età. Eppure, è necessario che venga ribadita, magari anche in modo ingenuo, ancora e ancora, come una possibilità a cui almeno tendere, una speranza per cui vivere. A volte Giulia canticchia anche le parole dell'altra canzone, e anche questo mi strappa un sorriso. Si impara per imitazione, e quanto poco pensiamo a cosa vogliamo che i nostri figli imitino di noi.

In tanti anni non ho mai imparato l’arpeggio di Why worry, e oggi che mi ci sono messo, complice la sveglia delle 6:45, mi chiedo come mai. Forse la canzone mi pareva melensa già all’epoca in cui avevo pomeriggi interi per cercare di riprodurre la chitarra di Mark Knopfler? Forse ero così presuntuoso da snobbarla come troppo semplice? Chissà.

Alle 7:30 suona una seconda sveglia, a ricordarvi che è arrivata l’ora di uscire di casa, se non vogliamo arrivare tardi all’ingresso della scuola. Questa volta è l'attacco di Romeo and Juliet a invitarci ad andare: quello sì che ho imparato a suonarlo, lottando contro tutta la difficoltà di renderlo su una chitarra accordata normalmente. Ho scoperto solo di recente che Knopfler lo suona da sempre sulla sua Dobro con un’accordatura aperta e un capotasto, cose che lo rendono decisamente più facile da eseguire rispetto all’equilibrismo della trascrizione a cui sono giunto in giorni e anni di prove. Oggi so suonarlo in entrambi i modi, ma continuo a preferire la versione iniziale inventata nell'adolescenza. È certo meno fedele all’originale, ma ha il sapore delle strade secondarie di San Salvario a Torino, e del suono delle corde plasticose di quella Ferrarotti economica, sempre in spalla, sempre al collo.

Alle 7:45 Giulia salta giù dall'auto e corre per non arrivare in ritardo in classe, come se fosse possibile, visto l’anticipo a cui ci costringe. Io giro il muso per andare al lavoro, facendomi strada tra la torma di studenti più o meno mascherati che affollano il parcheggio della scuola, sorridenti di quella certezza spensierata che manco una pandemia globale ha saputo scalfire. Inspiro con gli occhi e il cuore, e provo a portarne un po’ con me:

Baby, just when this world seems mean and cold
Our love comes shining red and gold
And all the rest is by the way

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Commenti

  1. Matteo dice

    22 Settembre 2020 alle 08:56

    Ciao Marco. Questo post fa il paio con il precedente vero?

    L'autunno è la stagione del secondo principio (quante volte ancora potrò vedere ingiallire un larice?) , come lo dice bene P. Levi:

    l'autunno, in tutti i paesi del mondo, ha lo stesso odore, di foglie morte di terra che riposa, di fascine che bruciano, insomma di cose che finiscono, e tu pensi "per sempre".

    Quella scorciatoia (quella dell'angoscia) non tiene "dentro", (conto di) tutto. Qua e la, localmente e temporaneamente, la materia si organizza e sembra andare in direzione opposta. Perché? "Non ne abbiamo idea" (cit. Marco Delmastro), però succede.

    Insegno in liceo, quando comincia la scuola e io ricomincio a lavorare, e anche io:

    Inspiro con gli occhi e il cuore, e provo a portarne un po’ con me.

    Entro in classe salgo le scale, e contemplo i miei studenti pienamente giovani, sereni e lieti. L’abbondanza di vita e di cuore della giovinezza tracima assieme con il loro sorriso; una parte di questo è inevitabilmente e naturalmente contagioso; in qualche modo lo condividono, coinvolgendo anche me. “Se tu vivi con i giovani dovrai diventare giovane”, non l’ho certo inventato io.

    Anche il secondo principio forse non dice tutto? Qualcosa (cosa?) sembra spingere direzione opposta.

    Ma tu ha un corso? Insegni? Hai il karma per farlo e ne avresti da riempirti gli occhi.

    Rispondi
    • Marco dice

      22 Settembre 2020 alle 09:15

      Questo post fa il paio con il precedente? Sicuro, anche senza averlo programmato in anticipo. Mente e cuore seguono percorsi mimetici, per arrivare a dire e capire in fondo sempre la stessa cosa.

      La mia storia con l'insegnamento è quella di un amore a lunga distanza: prima di iniziare il dottorato, vent'anni fa, feci un concorso che vinsi e che mi diede ruolo e cattedra, e mi portò a insegnare per un po'. Poi il fascino e la possibilità di fare ricerca a tempo pieno mi hanno portato dove sono adesso, senza obblighi didattici se non qualche breve incursione a scuole specializzate, per laureandi o dottorandi, che servono a placare il mio mai sopito desiderio di didattica. Mi manca? Si.

      Il secondo principio della termodinamica dice tutto quello che c'è da dire sul supporto che trasporta l'informazione nell'universo in cui ci siamo trovati a vivere: che è un supporto caduco e destinato a sgretolarsi, nonostante tutti gli sforzi di fare ordine. Di che cosa facciamo - o si possa fare - dell'informazione che il supporto ospita, almeno per un po', è però tutta un'altra storia.

      Buon anno scolastico!

      Rispondi
  2. Roberto dice

    22 Settembre 2020 alle 09:32

    Bello questo inizio d'autunno

    Rispondi
  3. Beppy dice

    14 Ottobre 2022 alle 08:53

    Parole copiate da una canzone del gruppo Gen Rosso anni 80

    Rispondi
    • Marco dice

      14 Ottobre 2022 alle 09:17

      Ciao Beppy! Perché "copiate"? Mica dico che quella è la traduzione del pezzo dei Dire Straits, mi sembra di aver scritto chiaramente che la mia mente assonnata fa miscugli tra rock e vecchi ricordi di parrocchia 🙂

      Rispondi

Trackback

  1. Sveglie | Borborigmi di un fisico renitente ha detto:
    12 Novembre 2024 alle 10:48

    […] con una delicata introduzione di chitarra. Durante le scuole medie di Giulia è stata a lungo "Why Worry" dei Dire Straits, rimpiazzata dopo il Giro del Monviso da "Slow Dancing in a Burning Room" di John Mayer, che era la […]

    Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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