I vostri figli non sono figli vostri. [1]Your children are not your children.
They are the sons and daughters of Life’s longing for itself.
They come through you but not from you,
And though they are with you yet they belong not to you.
You may give them your love but not your thoughts,
For they have their own thoughts.
You may house their bodies but not their souls,
For their souls dwell in the house of tomorrow,
which you cannot visit, not even in your dreams.
You may strive to be like them, but seek not to make them like you.
For life goes not backward nor tarries with yesterday.
You are the bows from which your children as living arrows are sent forth.
The archer sees the mark upon the path of the infinite,
and He bends you with His might that His arrows may go swift and far.
Let your bending in the archer’s hand be for gladness;
For even as He loves the arrow that flies, so He loves also the bow that is stable.
Sono i figli e le figlie del desiderio che la Vita ha per se stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi,
E benché vivano con voi non vi appartengono.Potete dare loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
Poiché essi hanno i loro propri pensieri.
Potete dare dimora ai loro corpi ma non alle loro anime,
Poiché le loro anime abitano la casa del domani,
che neppure in sogno vi è concesso di visitare.Potete sforzarvi di essere simili a loro,
ma non cercate di renderli simili a voi.
Poiché la vita non va mai indietro né indugia con l’ieri.
Voi siete gli archi da cui i vostri figli sono lanciati come frecce viventi.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito,
e vi flette con la sua forza perché le sue frecce vadano veloci e lontane.
Fate che sia gioioso questo vostro esser piegati dalla mano dell’Arciere:
Poiché così come Egli ama la freccia che scaglia, così ama anche l’arco che sta saldo.
Questa poesia di Gibran è stata a lungo appesa nella nostra casa di Torino, prima in salotto e poi in camera da letto dei miei genitori, in un poster disegnato dalla loro amica R. Non c'era tutta, e la traduzione era un po' diversa [2]Quella lì sopra è parzialmente mia, tutte quelle che ho trovato non mi soddisfacevano pienamente., ma l'idea coraggiosa di non essere proprietari dei proprio figli, e di aver solo il compito di lanciarli in una vita che non ci apparterrà, era tutta lì.
Ne ho succhiato il senso per tutta la mia infanzia ed adolescenza: la leggevo con gli occhi grati ma fuggenti di chi sa di avere il privilegio di essere freccia, e non pensa ad altro che raggiungere la casa del domani. Oggi, che Giulia inizia l’università fuori casa, quelle parole mi tornano in mente e capisco che la chiamata di adesso è essere arco. Non so quanto stabile, ma sicuramente pronto a piegarsi per assistere il volo. Buona strada, Giulia.

Note
↑1 | Your children are not your children. They are the sons and daughters of Life’s longing for itself. They come through you but not from you, And though they are with you yet they belong not to you. You may give them your love but not your thoughts, For they have their own thoughts. You may house their bodies but not their souls, For their souls dwell in the house of tomorrow, which you cannot visit, not even in your dreams. You may strive to be like them, but seek not to make them like you. For life goes not backward nor tarries with yesterday. You are the bows from which your children as living arrows are sent forth. The archer sees the mark upon the path of the infinite, and He bends you with His might that His arrows may go swift and far. Let your bending in the archer’s hand be for gladness; For even as He loves the arrow that flies, so He loves also the bow that is stable. |
---|---|
↑2 | Quella lì sopra è parzialmente mia, tutte quelle che ho trovato non mi soddisfacevano pienamente. |
Son così vecchio e esperto che il mio cruccio è:
E SE L'ARCIERE FOSSE CIECO?
Non badare al mio momento di malinconia, scatta potente!
Uno dei temi ricorrenti ne La Comédie humaine di Balzac (per chi l'avesse letta e per chinò peggio per lui/lei) è quella che lui definisce “la disparità di nascita”, la quale, sebbene allora certamente più di oggi, determina(va) in maniera definitiva il futuro dei figli.
I figli dei contadini, degli operai, del proletariato erano (e sono tuttora in certi ceti sociali indigeni ed esteri) di proprietà dei loro genitori, e di proprietà in senso stretto, ovvero fa’ quel che io genitore come e quando lo voglio io, e senza discussione; ma anche i figli dei nobili o della ricca borghesia dovevano sottostare - seppur con i loro privilegi, a obblighi e implicazioni sociali e dinastici - all'autorità familiare, e quella che tu hai raccontato qui per loro sarebbe un sogno di ubriaco o una favola blasfema.
Come da sempre e per ancora molto tempo al mondo ci saranno i fortunati (pochi) e le moltitudini di sfigati: viste le premesse sono sicuro che tua figlia è consapevole di essere tra le persone molto fortunate.
Ciao e ogni bene
Yop
Giulia va all'università, la piccola macchina quantistica che sorteggiava i biglietti del tuo regalo natalizio per noi lettori ??
Periodo di partenze, anche il mio "piccolo" è in partenza per l'Università. Ha fatto una scelta coraggiosa e anticonformista, che l'anno scorso di questi tempi non mi sarei nemmeno aspettato (e forse nemmeno lui). Dalle valli montane alla grande città è un bel "lancio". Gli auguro di avere abbastanza slancio per un volo veloce e lontano...
In bocca al lupo a Giulia, al mio G. e a tutte le frecce scagliate verso il futuro!
E' un bel periodo anche per i genitori, stare a vedere che succede, meravigliarsi e gioire delle loro vite (e qualche volta essere di nuovo pronti al soccorso).
La mia grande ha lasciato il nido oramai 11 anni fa, per frequentare l'università in Germania.
E a luglio è diventata un arco anche lei...
Anche io mi sono teso cercando di lanciare lontano e veloce la mia freccia. Mi sono impegnato per effettuare un buon lancio senza pretendere un bersaglio. Ho seguito con emozione la sua traiettoria fin quanto ho potuto... poi il niente. Non tutti gli archi sanno lanciare le frecce e non tutte le frecce riescono a raggiungere un bersaglio. Ora non è più tempo di essere freccia ma non è più tempo di essere arco, l'Arciere ha fallito?
Da papà di due figliole ho vissuto anch’io anni fa insieme alla mamma la sensazione di essere un arco pronto a piegarsi per assistere il volo, quando prima una e poi l’altra hanno deciso di allontanarsi per frequentare l’università.
In camera loro c’era invece un’altra poesia che inizialmente era un bellissimo manifesto che faceva sorridere le due figliole. Oggi rileggendone il finale da nonni ci emozioniamo perché sappiamo di aver assolto il nostro compito.
La bellissima poesia dedicata a tutti i figli è di Erma Bombeck: “I figli sono come gli aquiloni”
I figli sono come gli aquiloni,
passi la vita a cercare di farli alzare da terra.
Corri e corri con loro
fino a restare tutti e due senza fiato…
Come gli aquiloni, essi finiscono a terra…
e tu rappezzi e conforti, aggiusti e insegni.
Li vedi sollevarsi nel vento e li rassicuri
che presto impareranno a volare.
Infine sono in aria:
gli ci vuole più spago e tu seguiti a darne.
E a ogni metro di corda
che sfugge dalla tua mano
il cuore ti si riempie di gioia
e di tristezza insieme.
Giorno dopo giorno
l’aquilone si allontana sempre più
e tu senti che non passerà molto tempo
prima che quella bella creatura
spezzi il filo che vi unisce e si innalzi,
come è giusto che sia, libera e sola.
Allora soltanto saprai
di avere assolto il tuo compito.
In bocca al lupo e buona strada per la figliola.