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Quello che sappiamo del bosone di Higgs: interazioni e particelle nelle prime due righe della lagrangiana

12 Novembre 2018 10 commenti

Alla fine della puntata precedente scoprivamo che della lagrangiana del Modello Standard si dice spesso che è un' equazione che "riassume elegantemente la nostra conoscenza del mondo delle particelle elementari e delle loro interazioni fondamentali". Ci chiedevamo allora se questa fosse una frase accurata, e un particolare quanto fosse corretto l'uso della parola "conoscenza". Per provare a rispondere a queste domande, dobbiamo cominciare con il sezionare i termini della lagrangiana, provando a capire che cosa rappresentano e descrivono.

Disclaimer 1: questo non è, e non ha nessuna intenzione di essere, un corso di fisica teorica. In questo articolo e nei seguenti farò un uso molto approssimato e liberale delle equazioni, con l'unico scopo di indicarvi da molto lontano che cosa rappresentino i vari termini. Non aspettatevi nessuna spiegazione dettagliata della struttura matematica della teoria, né di come i vari pezzi sono usati per calcolare le proprietà che andiamo a misurare.

Disclaimer 2: per la lettura di questo articolo una certa conoscenza pregressa è data per scontata (per esempio, serve sapere quali sono le quattro interazioni fondamentali). Se non sapete di che cosa si sta parlando, seguite i link che disseminato nel testo: gli articoli di Wikipedia sono un buon punto di partenza per approfondire. E abbiate pazienza.

Partiamo dunque dalla lagrangiana del Modello Standard, nella versione compatta che vi mostravo nell'ultimo articolo. Ci concentreremo inizialmente sulle prime due righe:Queste due righe sono la porzione della lagrangiana che descrive la struttura delle interazioni fondamentali, e come queste agiscono sulle particelle di materia. Delle quattro forze che agiscono nel nostro mondo, il Modello Standard descrive infatti l'interazione elettromagnetica, l'interazione (nucleare) debole e l'interazione (nucleare) forte. In quelle due righe si sono dunque condensate (molto condensate!) la struttura dell'interazione elettrodebole, che unifica elettromagnetismo e forze nucleare debole, e della quantocromodinamica, la teoria che descrive l'interazione nucleare forte come scambio di gluoni tra quark.

Iniziamo con il decrittare (a spanne!) i simboli. La prima riga:

- \frac{1}{4} F_{\mu\nu} F^{\mu\nu}

contiene la descrizione di come i campi delle interazioni descritte (elettrodebole o forte, qui rappresentate in modo generico: per loro descrizione dettagliata bisognerebbe studiare la versione estesa della lagrangiana) interagiscono tra di loro. Il simbolo F^{\mu\nu} nasconde il potenziale A_\mu dell'interazione in questione:

F_{\mu\nu} = \partial_\mu A_\nu - \partial_\nu A_\mu

Discutere che cosa sia il "potenziale di un'interazione" richiederebbe un intero corso di fisica, limitiamoci dunque a dire che si tratta di un oggetto matematico da cui è possibile ricavare le proprietà del campo dell'interazione in questione. E che cos'è il campo di un'interazione? Eh, la fisica è come il tunnel di Alice... Diciamo solo che è un altro oggetto matematico che assegna un valore di una certa quantità (per esempio, semplificando molto, l'intensità di una certa interazione), a un punto dello spazio(-tempo). Gli apici e pedici \mu e \nu rappresentano le dimensioni degli oggetti: siccome il Modello Standard è una teoria relativistica (nel senso della relatività ristretta), tutti gli oggetti hanno quattro dimensioni, una temporale e tre spaziali.

Intermezzo per i curiosi che masticano un po' di matematica. Gli apici e pedici \mu e \nu non rappresentano solo le dimensioni, ma anche, a seconda di come sono messi e se sono ripetuti, operazioni di somma sui medesimi indici. Il simbolo \partial_\mu è un modo compatto per indicare una derivata parziale rispetto alla dimensione indicata dall'indice.

Intermezzo per i curiosi che masticano un po' di fisica classica. Saltando allegramente tra formulazione classica e quantistica, diciamo che A_\mu è un quadrivettore che, nel caso dell'interazione elettromagnetica che prendiamo come esempio, può essere definito come:

A_\mu = \left( \phi, \vec{A} \right)

dove \phi è il potenziale scalare e \vec{A} il potenziale vettoriale dell'interazione elettromagnetica nella sua formulazione relativistica, da cui posso ritrovare le buone vecchie equazioni di Maxwell (nella forma tensoriale relativistica):

\vec{E} = - \nabla \phi + \frac{\partial \vec{A}}{\partial t}

\vec{B} = \nabla \times \vec{A}

Intermezzo per i pignoli che sanno di cosa parlo. Lo so, lo so, la forma reale di F_{\mu\nu} per le interazioni debole e forte è un dito più complessa, perché contiene anche un termine che descrive la mutua interazioni dei bosoni tra di loro, che siano i bosoni W e Z dell'interazione debole o i gluoni della QCD. Come dicevo, questo non è un corso di fisica teoria. 

(Fine degli intermezzi pignoletti)

La seconda riga descrive come i campi delle interazioni interagiscono con i campi che rappresentano le particelle di materia:

i \bar{\psi} {\not} D \psi

La lettera \psi rappresenta il campo associato a una particella di materia, per esempio un elettrone o un quark. L'interazione è invece nascosta dietro al quella lettera D sbarrata. Il primo a usare questa "notazione con la sbarra" fu Dirac, anche se i fisici la conoscono normalmente come notazione sbarrata di Feynman. Con un unico simbolo, per amor di brevità si indica il prodotto tra un vettore (per i pignoli: un vettore covariante) e le matrici di Dirac (o matrici gamma);

{\not} D = \gamma^\mu D_\mu

Non entreremo nella questione di che cosa siano le matrici di Dirac, diciamo solo che la notazione sbarrata serve a nasconderle per rendere la scrittura più compatta. Che cos'è invece D_\mu? È quella che in gergo si chiama derivata covariante, una versione sofisticata della derivata che magari ricordate dalle superiori, che ha però altre proprietà interessanti, tra cui quella di mantenere le proprietà di simmetria dell'oggetto a cui viene applicata:

D_\mu = \partial_\mu -i g A_\mu

Dentro al termine {\not} D è dunque nascosto il campo dell'interazione in questione A_\mu  (per esempio il campo elettromagnetico), mentre g è quella che chiamiamo costante di accoppiamento dell'interazione, un numero che definisce quanto intensamente agisce la forza in questione.

La storia di questo pezzo della lagrangiana del Modello Standard è molto lunga. Comincia con l'elettrodinamica quantistica di Feynman, che a sua volta è il culmine di un lavoro che parte da Dirac e passa per Fermi e Bethe, solo per citare alcuni dei contributori più importanti. Continua con la sua estensione all'interazione debole, e all'unificazione di quest'ultima con l'interazione elettromagnetica da parte di Glashow, Salaam e Weinberg, vero fondamento del Modello Standard. E culmina con la formulazione della cromodinamica quantistica, e con la scoperta della libertà asintotica.

Le equazioni che abbiamo provato a sviscerare sono spesso rappresentate sotto forma di diagrammi di Feynman. Per quanto questi siano in primo luogo un modo che i fisici hanno per organizzare i calcoli, possono essere utili per visualizzare i processi che i calcoli rappresentano. Ecco i diagrammi che quelle equazioni rappresentano, al loro livello di sviluppo più semplice:

Per queste prime due righe della lagrangiana del Modello Standard, possiamo dunque parlare di "conoscenza" nel suo senso più completo. Si tratta del condensato di quella fisica che per certi versi inizia con la stesse equazioni di Maxwell nel 1880, e la cui struttura e proprietà abbiamo testato e misurato con altissima precisione nel corso di tutto il novecento. Che dire invece delle altre due righe?

(continua)

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Marco dice

    13 Novembre 2018 alle 11:16

    Ripensandoci a freddo, mi rendo conto che scrivere un articolato simile è un esercizio molto interessante anche per me. Il risultato è però quasi più frustrante che gratificante: perché mi rendo conto che da una parte l'ipersemplificazione non è veramente possibile senza barare pesantemente, dall'altra il risultato finale è parecchio povero (almeno per come lo vedo io che conosco il punto di partenza). È un po' come traslitterare una sinfonia per orchestra in partitura per kazoo solo: la speranza è che serva a far intuire qualcosa, anche se non certo a "capire".

    Una domanda dunque ai miei lettori: a voi che lo vedete dall'esterno, che effetto fa? Aiuta a capire qualcosa? Spaventa e basta?

    Rispondi
    • Fabiano dice

      13 Novembre 2018 alle 23:48

      Con la mia lunga esperienza da autodidatta posso dirti che quando trovavo lo stesso argomento affrontato in maniera diversa, con semplificazioni diverse e magari obiettivi diversi (in questo caso il percorso per trovare una risposta alla domanda del titolo), spesso aggiungevo almeno un piccolo tassello alle mie conoscenze.

      È successo anche stavolta (il tassello l'ho trovato proprio nell'ultimo paragrafo), perciò a me l'articolo è servito.

      Hai fatto bene a mettere gli intermezzi, magari con il quadrivettore A_mu sei riuscito a far accendere la lampadina a qualche ingegnere elettronico, per ciascuno di noi curiosi serve una chiave d'accesso specifica determinata dal nostro percorso formativo, ma questo lo sai senz'altro meglio di me 🙂

      Rispondi
      • Marco dice

        14 Novembre 2018 alle 09:50

        Eh eh, ero sicuro che il potenziale quadrivettoriale avrebbe solleticato la memoria di qualcuno!

        Rispondi
    • Mario dice

      14 Novembre 2018 alle 09:31

      Nessun spavento, anzi mi affascina e ti ringrazio!
      Mi stimola ad andare a rivedere e ad approfondire con più attenzione molti argomenti e personaggi visitati in passato.
      E poi rafforza ciò che ho sempre pensato e cioè che il linguaggio della Matematica consente di tradurre in equazioni ciò che una mente ha soltanto intuito e che soltanto dopo, a volte a distanza di anni, sarà avvalorato sperimentalmente e quindi si colloca al vertice per importanza e rappresenta a buon diritto l’essenza stessa dell’intero universo.

      Rispondi
  2. Juhan van Juhan dice

    13 Novembre 2018 alle 17:39

    Dai, è bello anche se ovviamente la descrizione non è esaustiva e non comprensibile come in Le Particelle che riesco a capire persino io.
    Ah! una domanda, su \mu e \nu usati sia come apici che pedici: non è un'elevazione a potenza di F, vero?

    Rispondi
    • Marco dice

      13 Novembre 2018 alle 18:31

      No, no, sono apici (o pedici) che indica una specifica dimensione dell'oggetto (e un'operazione da farci sopra). Puoi vederli come gli indici di un vettore, per esempio se

       \vec{X} = ( x, y, z )

      allora

       X_1 = x

      Rispondi
  3. Isabella dice

    14 Novembre 2018 alle 16:14

    Non so se mi spaventano di più le parti che capisco (poche) o quelle che non capisco (molte). Poi non so se quelle che capisco le capisco davvero e se quelle che non capisco in realtà le capisco ma credo di non capirle.. Insomma la mia personale edizione della relatività

    Rispondi
  4. MaxB dice

    28 Dicembre 2018 alle 08:28

    Ciao Marco, io ci ho capito praticamente nulla. Non ho le basi per addentrarmici ma da progettista (tipo il famigerato geometra) ne rimango sempre incuriosito ed affascinato e potrei leggere per ore di questi articoli anche solo per assaporare la frontiera raggiunta dal pensiero umano.
    Allo stesso modo, sarà l'inverno, mi viene però da riflettere su come il setaccio culturale qui agisca in maniera veramente finissima. La complessità è talmente elevata che richiede una dedizione ed un tempo della propria vita che solo a pochissimi è concesso e mentre il mondo continua a confrontarsi con i propri loop una élite (mi si passi il termine) è riuscita tra mille difficoltà a ritagliarsi uno spazio di vera astrazione.
    Noi del "mondo comune" siamo utilizzatori inconsapevoli, spesso ci prendiamo gioco di coloro che seguono la matematica o la filosofia, spesso ci sentiamo minacciati da chi coltiva il dubbio e si addentra nei nostri limiti. Parliamo per facili slogan e così facendo costruiamo un anti-linguaggio fatto di grossolani scontri cromodinamici (gialli, verdi, rossi, neri, ...) che ostacola i nostri giovani e li imbriglia alle tematiche da curva. Ma come pensiamo di irrorare quel piccolo mondo continuando in questo modo? Se solo pochissimi riescono a raggiungere quella straordinaria coincidenza tra maturità del sapere e creatività della giovinezza, e se la complessità dei temi e degli strumenti richiesti sembra sempre più elevata, come può la Fisica raggiungere nuovi step se questo mondo comune vi strappa ingrato le migliori risorse?
    Scusate lo sfogo, ma probabilmente mi sono sentito un po' senza approdi in questo articolo e la cosa ha scatenato incertezze e pensieri per l'avvenire e forse la necessità di rimettere piede in quel mondo di ordinari problemi.

    Rispondi
    • Marco dice

      9 Gennaio 2019 alle 17:36

      Caro MaxB,

      In tempi non sospetti e a proposito delle tecnologia, Arthur C. Clarke diceva che "ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia". Lui pensava (anche) alla fantascienza, ma, senza stiracchiare troppo, credo che qualcosa di simile valga anche per la conoscenza scientifica.

      Le conseguenze sono certamente anche quelle che descrivi, e in quel senso specifico (l'uso di un linguaggio inappropriato e la deriva a curva da stadio) è anche favorito da una cattiva divulgazione, che vende l'illusione che basti leggere un libro (o un blog!) per capire e controllare i dettagli di una complessità che invece necessita anni i dedizione e un sacco di prerequisiti.

      C'è poi anche la questione dei danni fatti dalla specializzazione sugli stessi scienziati, ma questo apre un'altro vaso di Pandora...

      Rispondi

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  1. Quello che sappiamo del bosone di Higgs: come si leggono i diagrammi di Feynman? | Borborigmi di un fisico renitente ha detto:
    11 Gennaio 2019 alle 22:41

    […] fine della puntata precedente, quella in cui abbiamo esaminato le prime due righe della lagrangiana del Modello Standard, ci […]

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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