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La radiazione di sincrotrone: un sacco di energia persa ad ogni giro

10 Dicembre 2008 26 commenti

Quando LHC andava ancora di moda, tra le tante richieste di spiegazione sganciate su queste pagine ce n'era una ricorrente: perché accelerate protoni, e non per esempio elettroni? In effetti gli elettroni sono più leggeri, ed essendo particelle veramente elementari (cioè non composte da altre particelle, per quel che ne sappiamo. I protoni invece sono composti da quark), sarebbe bello poterli usare in collisioni alle energie di LHC: sarebbe tutto molto più pulito, con meno "detriti" in giro ad ogni collisione, dunque con misure più facili e precise.

C'è però un impedimento non trascurabile, che si chiama radiazione di sincrotrone. Una particella carica che viaggi su una traiettoria circolare emette questo tipo di radiazione, emissione che comporta una perdita di energia. In regime relativistico, a ogni giro la particella in questione perde:

ΔE=4π3(e2β3γ4ρ)

dove e è la carica dell'elettrone (o del protone, è la stessa), β la sua velocità (misurata in unità di velocità della luce nel vuoto, come abbiamo già discusso), e

γ=11−β2=Em

misura - tra le altre cose - il rapporto tra la massa della particella e la sua energia (anche per questo fattorello, se avete un minuto riguardatevi questo articolo).

Allora, adesso immaginate di prendere un elettrone e un protone, e di accelerarli fino a che abbiamo la stessa energia E. Immaginate di fare il tutto dentro lo stesso acceleratore, quindi con il medesimo raggio di curvatura ρ: potete allora calcolare il rapporto tra le perdite di energia per radiazione di sincrotrone nei due casi (il bello di calcolare un rapporto è che potete buttare via un sacco di termini, grazie al fatto che ρ ed E sono gli stessi, e che il rapporto tra le velocità βe/βp è praticamente uguale a uno in un regime ultrarelativistico):

ΔEeΔEp∼(mpme)4∼1013

Ecco la cruda verità: a parità di energia un elettrone perderebbe diecimila miliardi di volte più energia per giro che un protone a causa della radiazione di sincrotrone. Che è la ragione per cui, volendo salire in energia usando lo stesso tunnel, dopo LEP (un acceleratore di elettroni e positroni) è stato costruito LHC (un acceleratore di protoni).

Avendo voluto continuare a collidere elettroni cone si faceva a LEP, ma a energia più alta, avremmo dovuto usare cavità acceleratrici veramente troppo potenti, o scavare un tunnel circolare dal diametro molto maggiore (cosa non esattamente agevole). Oppure optare per una geometria lineare, ed eliminare del tutto il problema della radiazione di sincrotrone, idea che in effetti sta dietro ai progetti per i potenziali successori di LHC.

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Commenti

  1. GM dice

    10 Dicembre 2008 alle 14:36

    Un esempio pratico puo` aiutare a capire meglio il problema di un acceleratore circolare di elettroni: al LEP, a 100GeV, ad ogni giro un elettrone perdeva piu` di 3 GeV, che dovevano essergli ridati dall' enorme sistema delle cavita` acceleratrici. A 200 GeV avrebbe perso circa 16 volte di piu` (~50 GeV per giro). A 400 Gev in pratica tutta l' energia dovrebbe essere rifornita ad ogni giro. In piu` c'e` il problema di come fare si che l'intensa luce di sincrotrone emessa non scaldi e bruci tutto (al LEP questo e` stato uno dei problemi).

    Rispondi
  2. Antonio dice

    11 Dicembre 2008 alle 11:23

    Ciao Marco, ma perchè non citi CLIC come successore dell' LHC? A parte che giochi in casa e dovresti essere un po di parte, e poi onestamente mi sembra una macchina non so, come dire...più elegante! E addirittura più fattibile (se per fattibile si intende un tunnel di 50km ed una precisione nell'allineamento di 1um).
    Vabbè io su CLIC ci sto in parte lavorando, e mi ci sto un pochino affezionando.

    Ciao.

    Rispondi
  3. Marco dice

    11 Dicembre 2008 alle 11:47

    Mmmm, vediamo, per pigrizia? 🙂 Fatto, ho aggiornato testo e link. E, prima che tu me lo chieda: no, adesso come adesso non ho alcuna preferenza tra le varie versioni di ILC e CLIC. Di nuovo, più per pigrizia che per convinzione.

    Rispondi
  4. QL dice

    11 Dicembre 2008 alle 18:39

    Ma scusa Marco, ora forse sto dicendo una idiozia allucinante, ma se il fascio perde energia in quanto LA EMETTE, allora perchè non sfruttare proprio quell'energia per rispingere (scusa il termine orribile) gli elettroni? A proposito, la luce di sincrotrone da che lunghezza d'onda è composta? Grazie.

    Rispondi
  5. Xisy dice

    11 Dicembre 2008 alle 22:02

    @QL - In effetti ci sono casi in cui la radiazione di sincrotrone è un effetto desiderato e viene utilizzato (non per accelerare elettroni, però: è difficile usare radiazione accelerare qualcosa). A Trieste c'è un acceleratore (sincrotrone) in cui si sfrutta questo meccanismo di perdita appunto per produrre raggi X (e usarli come sonda per studiare le proprietà della materia).

    Rispondi
  6. Marco dice

    11 Dicembre 2008 alle 22:13

    @QL: Allora, intanto chiariamo una cosa fondamentale: gli elettroni perdono a causa della radiazione di sincrotrone una parte dell'energia che hanno acquisito grazie all'acceleratore, non si tratta di un'emissione di qualcosa che hanno "intrinsecamente" in se. Anche se potessimo recuperare l'energia persa con efficienza infinita, il bilancio finale non sarebbe mai positivo: qualcuno deve mettercela quest'energia! Recuperare la radiazione di sincrotrone non è un'impresa banale, soprattutto in un acceleratore che non è progettato - come quello di Trieste che citava Xisy - esplicitamente per produrla. Vedila in questo modo: sarebbe un po' come voler recuperare un po' dell'energia dispersa in calore dai freni di una macchina per far andare l'automobile stessa. Non è impossibile, semplicemente è molto scomodo farlo, e non ti passa nemmeno per testa di provarci con un'auto da Formula uno, il cui scopo principale è andare il più veloce possibile.

    Rispondi
  7. M dice

    11 Dicembre 2008 alle 22:52

    Quanto sarebbe più "pulita" la collisione tra due leptoni? Il vantaggio è l'eliminazione delle interazioni multipartoniche o c'è anche qualcosa d'altro che mi sfugge? Basterebbero le muon factories o sono ancora troppo poco massivi?

    grazie,
    Marco

    Rispondi
  8. Marco dice

    12 Dicembre 2008 alle 08:59

    @M: sarebbe un discorso lungo e persino un po' troppo tecnico, ma provando a riassumere, i vantaggi sono sostanzialmente tre.

    Primo, nella collisione tra due leptoni sai sempre cosa collide con cosa, dunque dal punto di vista delle predizioni teoriche è più semplice descrivere che cosa avviene; quando fai sbattere due protoni non sai mai con certezza cosa ha interagito con cosa, ovvero se è stato uno dei quark (di "valenza" o del "mare", qui la cosa si fa complicata: un protone nella realtà è "composto" da ben più che tre quark), oppure uno dei gluoni; la cosa vale per entrambi i protoni: le combinazioni iniziano a essere molte, il che complica i calcoli.

    Secondo, nella collisione tra due leptoni sai sempre quali energie sono in gioco, perché il leptone (diciamo l'elettrone) porta tutta l'energia del fascio. Nel caso dei protoni, questa energia è suddivisa tra i costituenti in modo non banale, e siccome alla fine interagisce uno solo dei costituenti, devi tenerne conto. Questo ti impedisce di poter fare a un collisore adronico dei giochetti che sono normali a un collisore di elettroni, ovvero tarare con precisione l'energia totale disponibile nella collisione con la somma dell'energia dei fasci. In questo caso, siccome tanta ne metti tanta deve uscirne, puoi per esempio risalire più facilmente all'energia di particelle "invisibili" come i neutrini. A un collisore adronico questo non vale se non per la componente "trasversa" dell'energia, quella lungo il piano perpendicolare alla direzione dei fasci, componente che in totale deve essere nulla, il che limita un po' le possibilità. In più, per la stessa ragione non puoi fare nessuna "scansione" di energia " a soglia", ovvero andare a esplorare in modo fine una regione energetica aumentando a poco a poco l'energia dei fasci, cosa che invece è una bella possibilità dei collisori di elettroni.

    Terzo, i "detriti". I partoni "spettatori", quelli che non interagiscono direttamente nella collisione, non spariscono mica, ma se ne vanno in giro sotto forma di adrone di qualche genere, e possono dare fastidio.

    Quanto all'uso dei muoni, andrebbero benissimo: sono più pesanti degli elettroni e dunque potrebbero essere accelerati in orbite circolari con una radiazione di sincrotrone molto più bassa; e avrebbero tutti i vantaggi di uno scontro tra particelle puntiformi. Ovviamente ci son dei problemini collaterali, il primo dei quali è che i muoni non sono stabili, ma decadono in elettrone e neutrini. Se l'argomento ti interessa, puoi dare un'occhiata per esempio qui.

    Rispondi
  9. delo dice

    12 Dicembre 2008 alle 17:09

    aggiungo inoltre che i muoni, non esistono in natura (perche' appunto non sono stabili) e quindi produrre un fascio di muoni inizia ad essere complicato se si vogliono avere luminosita' elevate. Certo si produono positroni e antiprotoni ma gli uni sono leggeri gli altri hanno un rate di produzione piu' elevato. Giusto?

    Rispondi
  10. Marco dice

    12 Dicembre 2008 alle 17:21

    Giusto. Il che non elimina il problema, per esempio con gli antiprotoni, di metterli da qualche parte in serbo fino a quando non ne hai abbastanza. Cosa non banale, perché l'antimateria ha l'antipatica proprietà di annichilirsi con la materia che trova in giro. Con gli antiprotoni al tempo dell'SPS c'era una macchina dedicata proprio a fare questo.

    Rispondi
  11. GM dice

    12 Dicembre 2008 alle 17:35

    Di solito negli acceleratori c'e` un vuoto molto spinto. Quindi l'antimateria (positroni o antiprotoni) non trova molta roba con cui annichilirsi, a parte il fascio opposto con cui deve collidere. Il problema da risolvere all'SPS, per cui Van Der Meer ha avuto il premio Nobel per lo stochastic cooling, era come fare si che gli antiproponi accumulati durante varie ore avessero energie abbastanza omogenee, in modo da potere essere trasferiti senza troppe perdite negli acceleratori successivi.

    Rispondi
  12. Marco dice

    12 Dicembre 2008 alle 17:57

    Il che, direi, è anche una delle ragioni (mica l'unica, peraltro) per cui a LHC abbiamo (avremo) collisioni pp e non pp¯: arrivare alle luminosità desiderate sarebbe stato arduo con gli antiprotoni.

    Rispondi
  13. Xisy dice

    12 Dicembre 2008 alle 18:10

    In effetti una domanda interessante è "perché collisioni protone-protone e non protone-antiprotone come al Tevatron?" (o meglio, il viceversa).
    L'uso di leptoni, a parte la limitazione per perdite di sincrotrone, porta comunque a una fisica molto diversa; per la ricerca dell'Higgs immagino che anche collisioni e+e- sarebbero interessanti (e soprattutto più pulite), ma altri studi importantissimi di LHC (es interazioni multipartoniche, studio di plasmi di quark-gluoni, ricerca di strangelets) non sarebbero possibili. Un esperimento come Alice, ad esempio, non sarebbe fattibile in un collisionatore di leptoni...

    Rispondi
  14. Marco dice

    12 Dicembre 2008 alle 22:05

    La risposta alla tua domanda, Xisy, è tutt'altro che banale, e se mi metto a rispondere temo di scivolare nel tecnico. Ci provo.

    Iniziamo con una digressione: i protoni (e gli antiprotoni) sono oggetti compositi, fatti dai 3 quark (o antiquark) di "valenza" (i mattoncini "fondamentali"), dai gluoni che li tengono insieme, e dai quark detti del "mare", che sono delle specie di componenti "fantasma" secondari che posso apparire di tanto in tanto, a seconda delle condizioni. Per esempio un protone, che è fatto da tre quark di valenza uud, ha anche per esempio una piccola componente di quark s, e in certe condizioni può tirare fuori anche degli antiquark.

    Allora, il comportamento di questi componenti (siano i quark di valenza o del mare, o i gluoni: li chiamiamo genericamente partoni) cambia a seconda dell'energia. A una data energia nel centro di massa della collisione, ci sono certi processi che avvengono di preferenza. Per esempio, alle energie del Tevratron domina l'interazione tra quark e antiquark, mentre a quelle di LHC il processo dominante è l'interazione ("fusione") tra due gluoni.

    Per questo motivo non avremmo nessun interesse a fare collidere un protone e un antiprotone alle energie di LHC, perché la disponibilità di antiquark nell'antiprotone non sarebbe di nessun aiuto, siccome nella collisione sarebbero i gluoni dell'antiprotone a interagire con quelli del protone. D'altra parte, ci infileremmo nel ginepraio della produzione e accumulazione di antiprotoni.

    Allo stesso modo, alle energie del Tevatron fare collidere un protone con un protone sarebbe una scelta svantaggiosa. Essendo il processo dominante l'interazione tra quark e antiquark. il quark di valenza di un protone dovrebbe andarsi a cercare una antiquark del mare dell'altro protone, processo che è molto "soppresso" (ovvero, improbabile).

    In sostanza: quando si tratta di adroni, la scelta di cosa far scontrare con cosa dipende sempre dalle energie in gioco, e da cosa si vuole produrre nella collisione, e attraverso quale processo.

    Chissà se sono stato troppo complicato?

    Rispondi
  15. Xisy dice

    12 Dicembre 2008 alle 22:25

    Tutt'altro Marco; bellissimo commento, mi piace molto questo argomento.

    Per come la vedo io (in maniera troppo classica, e probabilmente errata) alle energie di Tevatron la durata di interazione tra adroni è ancora troppo grande rispetto al tempo caratteristico di esistenza di queste coppie virtuali del mare che appaiono e scompaiono, quindi il risultato netto è che il partone "vede" solo i quark di valenza dell'altro partone. Dunque se si vuole una collisione quark-antiquark occorre usare protoni e antiprotoni.

    A LHC, invece, magari l'energia è tale che i tempi di interazione si fanno più brevi dei tempi di esistenza delle coppie, e quindi queste coppie virtuali diventano "visibili" tanto quanto i quark di valenza, come se fossero "congelate". E siccome i quark del mare sono molti più di quelli di valenza, la collisione mare-mare diventa ben più probabile delle altre (sebbene una collisione valenza-valenza assicurerebbe meglio l'interazione tra quark e antiquark)... E a questo punto usare protoni e antiprotoni diventa quasi indifferente (perché 3 quark sono niente rispetto a un mare di coppie). Solo che usare i protoni è molto più facile.

    Ma questo è un ragionamento un po' intuitivo e l'intuizione spesso porta fuori strada in meccanica quantistica, mi rendo conto che gli andamenti delle sezioni d'urto con l'energia non si possono spiegare in termini di tempi caratteristici...

    Rispondi
  16. Marco dice

    12 Dicembre 2008 alle 23:03

    Erm, no, in effetti no 🙂 Dovremmo metterci a parlare di funzioni di distribuzione dei partoni, e della loro evoluzione, e dunque dell'equazione di Altarelli-Parisi (o meglio di Gribov, Lipatov, Altarelli e Parisi, chissà perché noi italiani accentriamo sempre tutto?), e la cosa andrebbe decisamente un po' troppo i là, temo 🙂

    Rispondi
  17. Max dice

    13 Dicembre 2008 alle 10:08

    Allo stesso modo, alle energie del Tevatron fare collidere un protone con un protone sarebbe una scelta svantaggiosa. Essendo il processo dominante l’interazione tra quark e antiquark. il quark di valenza di un protone dovrebbe andarsi a cercare una antiquark del mare dell’altro protone, processo che è molto “soppresso” (ovvero, improbabile).

    Uhmm... e che succede se il quark di valenza NON trova un antiquark con cui collidere ? Passa dritto come se niente fosse o "becca" qualcos' altro ?

    Max

    Rispondi
  18. Xisy dice

    13 Dicembre 2008 alle 17:08

    No non è il caso... ma se ho ben capito in LHC, rispetto a Tevatron, avrete un maggiore problema di "fondo" dovuto a collsioni inelastiche "non interessanti" (almeno per l'Higgs) che producono un sacco di adroni di bassa energia in giro per il detector associati a eventi non riconducibili a interazioni q-qbar.

    Rispondi
  19. Marco dice

    14 Dicembre 2008 alle 08:46

    Max, perdonami, nel mio commento precedente c'è un sottinteso di fondo che avrei dovuto spiegare, e che, per la forza dell'abitudine, ho invece omesso.

    Proprio come dice Xisy, quando dico "essendo il processo dominante l’interazione tra quark e antiquark..." intendo, e avrei dovuto dire "essendo il processo dominante per la produzione di particelle interessanti, tipo i bosoni vettori o il bosone di HIggs l’interazione tra quark e antiquark...". El o stesso vale per le considerazioni sulle interazioni alle energie di LHC (la "gluon fusion"): un collisionatore si costruisce con specifici obiettivi di ricerca e produzione, cercando di minimizzare il rapporto tra "segnale" (le particelle che vuoi produrre e studiare) e "rumore".

    Dunque, la risposta esplicita alla tua domanda è: nella maggior parte dei casi "becca" un altro quark, e produce una sacco di spazzatura poco interessante (gli adroni che citava Xisy).

    Rispondi
  20. Max dice

    15 Dicembre 2008 alle 01:29

    Ah, capito adesso ! 🙂
    Ero convinto che a quei livelli di energia, piu' che "cosa" si scontra contasse l' energia in gioco, nella produzione di particelle.
    Cioe', siccome l' energia di collisione e' (credo) di parecchio superiore a quella intrinseca delle particelle che collidono, pensavo che la natura di queste sarebbe stata ininfluente.

    Max

    Rispondi
  21. delo dice

    15 Dicembre 2008 alle 13:34

    pdf! eccomi!
    forse si puo' sintetizzare cosi'. Le probabilita' di trovare un certo partone e' una funzione della frazione di momento che il partone trasporta; inoltre vi e' pure una dipendenza dal momento trasferito. Quindi la cosa e' abbastanza complicata...
    ma quello che dice marco e' molto giusto.

    Rispondi
  22. Folgore dice

    1 Luglio 2009 alle 10:55

    Ciao Marco. E' da stamattina presto (8e 30) che leggo il tuo "blog" (non so se definirlo tale) e ora (11) mi sono deciso di commentare qualche tuo articolo. Mi è rimasto molto impresso il tuo modo di "spiegare" la fisica: conciso ma completo. E pensare che dovevo solo cercare su google la formula di perdita dell'energia di un elettrone in un sincrotrone per un progettino di Nanotecnologia :). Visto che ormai è da un bel po che non ci sono commenti, volevo chiederti se la nanolitografia con LHC è fattibile (visto che un sincrotrone è utilizzato specialmente per tale scopo) e conveniente. Altrimenti non mi spiego il motivo dell'utilizzo di un giocattolino come il sincrotrone che spende più energia di quella che produce una centrale nucleare.
    A presto (scusa per i miei borborigmi che non sono riscuto a reprimere con questo commento 🙂

    Rispondi
    • Marco dice

      1 Luglio 2009 alle 11:12

      Ciao Folgore, benvenuto.

      Al volo: LHC accelera protoni, dunque genera molta meno radiazione di sincrotrone che un suo equivalente che accelerasse elettroni. Se vuoi usare la radiazione di sincrotrone per farci degli studi di materiali, ti conviene dunque usare un sincrotrone che per design ne produca parecchia: dunque particelle adeguate, e raggio decisamente più piccolo di questo macchinone che abbiamo quaggiù (il cui tunnel ha storicamente le dimensioni che ha anche per ridurre le perdite di energia per radiazione di sincrotrone.

      Ciò detto, i sincrotroni non servono mica solo a produrre radiazione di sincrotrone, sai? 😛 Anzi, oserei persino dire che si tratta si un effetto collaterale, molto spesso fastidioso. Anche senza parlare di ricerca fondamentale come quella che facciamo da queste parti, se vuoi per esempio usare un acceleratore per fare dell'adroterapia, la radiazione di sincrotrone sarà un effetto fastidioso da ridurre e schermare.

      Rispondi
  23. Folgore dice

    1 Luglio 2009 alle 17:57

    si ho visto che con una macchina a sincrotrone si fanno molte cose e con gli scarti si producono raggi x 🙂 Intendevo che l'unico pregio del sincrotrone rispetto LHC è quello della litografia ed è per quello ke viene usato in questo campo (forse è il mio prof a parlare molto bene di questo macchinario visto che lavora a trieste con il sistema ELETTRA). Ti ringrazio della pronta risposta. su questo blog ho trovato tutto quello che mi mancava 😉

    Rispondi
  24. Ettore dice

    25 Ottobre 2010 alle 07:41

    Ciao Marco, ho avuto ( non so se fortuna o sfortuna... 😀 ) modo di vedere tutta quella matematica (sulla radiazione di sincrotrone) che quì ovviamente è omessa ( vista è, non capita... 😀 ) da una dispensina universitaria di una mia amica e posso affermare con estrema sicurezza che... state fuori di testa! 😀 😀 E adesso capisco (appieno) il perchè tanta matematica quì non si vede (aggiungo io, fortunatamente) 😀 😀 😀 Però vi invido... 😉

    Rispondi

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  1. Domande e riposte sparse sul (presunto) bosone di Higgs scoperto al CERN | Borborigmi di un fisico renitente ha detto:
    12 Luglio 2012 alle 10:31

    [...] Perché accelerare elettroni è più difficile che accelerare protoni, per un fenomeno chiamato radiazione di sincrotrone, che i vecchi lettori conoscono bene. E dunque si sopperisce alla minore energia disponibile e [...]

    Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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