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Report sull'incidente a LHC

17 Ottobre 2008 19 commenti

Ieri sera il CERN ha rilasciato il report ufficiale sull'incidente a LHC del 19 settembre scorso, dopo che finalmente il tunnel è stato messo in sicurezza, l'elio evacuato, i magneti riscaldati a temperatura ambiente e qualcuno è potuto scendere e guardare di persona che cosa è successo. Come promesso dal Direttore Generale, il report arriva poco prima dell'inaugurazione ufficiale con gli alti papaveri, che avverrà martedì prossimo. Se siete pigri potrebbe bastarvi il comunicato stampa, ma consiglierei la lettura del fascicolo completo per i dettagli.

Ecco in tre parole che cosa è successo:

  • L'incidente ha avuto luogo mentre si facevano i test sei magneti del Settore 34 con una corrente di circa 9 kA. Intorno alle 11:20 del 19 settembre la famosa connessione elettrica difettosa ha cominciato a dissipare potenza: si è osservato un picco di tensione resistiva di 1 V (chi si ricorda la legge di Ohm può facilmente calcolarsi di che resistenza stiamo parlando). Siccome il sistema non è capace di aumentare (e non vuole!) ancora la corrente con una dissipazione simile, ha staccato la tensione, facendo partire tutta le serie di operazioni di emergenza nel caso di un power abort. Fin qui tutto nella norma, e vi prego di notare che tutto questo è avvenuto in circa mezzo secondo.
  • Nel giro di un altro secondo o poco più si è sviluppato un arco voltaico che avrebbe bucato il contenitore dell'elio, provocando un rilascio del gas nel vuoto di isolamento del criostato del magnete in questione (chi ha reminiscenze di fisica delle superiori può calcolarsi la potenza dissipata nella giunzione difettosa). Inoltre, il rialzo di temperatura ha prodotto un aumento anomalo della pressione dell'elio. Nel frattempo i magneti quenciavano un po' dappertutto (che è buona cosa: niente freddo, meglio togliere la corrente. Si tratta di una misura di sicurezza standard) e altrettanto dappertutto il vuoto si degradava. Le valvole di sicurezza si aprivano per scaricare l'elio nel tunnel. di nuovo come misura di sicurezza. Qui sono iniziati i guai.
  • Le valvole di sicurezza dell'elio hanno funzionato a dovere ovunque, tranne nel sotto-settore 23-25,dove non sono riuscite a contenere l'aumento di pressione. Risultato: in quella zona l'eccessiva pressione dell'elio contro le barriere che separano il vuoto tra i sotto-settori le ha danneggiate, e ha spinto talmente da scalzare qualche dipolo e quadrupolo di quel settore dai loro supporti, in certi punti arrivando persino a rompere gli ancoraggi sul pavimento del tunnel. Lo spostamento di questi magneti ha inoltre causato la rottura delle connessioni alla linea criogenica, per fortuna senza però comprometterne il vuoto. In totale nel tunnel sono state rilasciate 6 tonnellate di elio, 2 subito (che hanno saturato l'atmosfera cacciando via l'ossigeno, motivo per cui non si è potuti scendere subito a vedere), e circa altre 4 prima che si potessero richiudere le valvole.

La situazione attuale vede 5 quadrupoli e 24 dipoli al massimo da riparare, anche se l'ispezione è ancora in corso e il numero delle vittime potrebbe crescere. Per fortuna una rapida occhiata all'inventario ha mostrato che il CERN ha abbastanza pezzi di ricambio per rimpiazzare subito i magneti danneggiati (verrà fatto durante lo shutdown invernale). L'altra cosuccia da risolvere è la contaminazione dei tubi del vuoto del fascio (che devono essere ben puliti e spolverati per avere un vuoto come si deve), ma questo problema sembra essere limitato. Vedremo. Apparentemente il tempo e la forza lavoro necessari per completare le riparazioni sarebbero sufficienti.

Per concludere, il punto che mi sembra più importante: come fare a evitare che una simile problema si ripresenti nel futuro o altrove? I tecnici del fascio hanno passato parecchio tempo a riguardare le misure sui magneti, per cercare di capire se l'incidente abbia una sua "firma" caratteristica. Sembrerebbe proprio che abbiamo identificato alcuni aspetti delle misure che, col senno di poi, possono essere correlati a questa maledetta connessione elettrica difettosa, e stanno verificando se la "firma" appare anche altrove nel resto di LHC. Prima o poi ne sapremo di più.

Ah, e ovviamente si parla anche di migliorare il sistema di quench e di scarica dell'elio, ma questo mi sembra scontato.

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Commenti

  1. Max dice

    17 Ottobre 2008 alle 11:01

    Beh, con 9 KW sulla giunzione, capisco come abbia potuto mandare in ebollizione il tutto 🙂
    Ma l' arco voltaico a cosa e' dovuto ?

    Max

    Rispondi
  2. Marco dice

    17 Ottobre 2008 alle 11:07

    Mmm, non sono esperto abbastanza dei dettagli tecnici delle giunzioni per risponderti, e non ne so di più. Se può aiutare, la menzione esatta nel report caffè: "an electrical arc developed and punctured the helium enclosure"

    Rispondi
  3. Max dice

    17 Ottobre 2008 alle 11:26

    L' arco voltaico fa supporre un picco di tensione su un contatto aperto.
    Posso solo immaginare che la giunzione e' saltata del tutto (con 9 KW probabilmente si e' vaporizzata....) e il magnete ancora carico trovando il circuito aperto di colpo ha creato l' arco.
    Bella sfiga, ma comunque e' una cosa automatica se apri di colpo un circuito contenente un grosso induttore, quindi se saltasse un' altra giunzione il problema riapparirebbe identico, secondo me.
    Una giunzione con circa 0.1 microohm di resistenza dissipa con 9 kA di corrente circa 8 Watt, che secondo me a quelle temperature sono un' enormita'. Non so come diamine possano collaudare tutte le saldature per esser certi che la resistenza sia inferiore.....

    Max

    Rispondi
  4. claudio b. dice

    17 Ottobre 2008 alle 14:18

    Ci sono alcune cose che mi lasciano perplesso:
    - il Design Pressure dell'helium enclosure è 2.0 [MPa] (20 bar... mica una pressione da ridere), le valvole di emergenza sono settate a 1.7 [MPa]. In realizzazioni tipo "pressure vessel" è comune settare i trips a 1/1.5 il design pressure, o viceversa la pressione di costruzione è 1.5 volte la massima possibile pressione di esercizio. Già su questo punto mi pare che costruttivamente si siano presi dei rischi (forse per motivi funzionali / di ingombro che ignoro)
    - le fondazioni non sono in grado di reggere gli stresses dissimmetrici dovuti al pressure rise di 5% sopra la pressione di costruzione + differenziale termico??? Ma come caspita sono state dimensionate??? Qua, o ho capito male io, o è puro delirio costruire un macchinario così...
    - l'arco. Il report sembra dire che prima si sia aperto l'interruttore, contemporaneamente siano stati inseriti gli shunts (un altro interruttore, o trattasi di un deviatore? boh...), e solo dopo si sia creato l'arco. Lascerebbe intendere, se non erro, che gli shunts erano sotto-dimensionati rispetto all'induttanza del sistema e/o che l'interruttore non era protetto a sufficienza da una sua capsula ermetica. Ho visto progettare molti interruttori di emergenza e sinceramente 9kA sono di routine, nulla di eccezionale (poi bisogna vedere che dimensioni massime devono avere gli interruttori di emergenza lì dentro...). A meno che non intendano che l'arco si è sviluppato "altrove" ma allora non ho capito dove.

    APPPROPOSITO... Adesso potrebbe arrivare qualche info in più da Pippo, il "nostro" esperto di magneti... 😉 Sul serio, sono curioso di delucidazioni...

    Rispondi
  5. Max dice

    17 Ottobre 2008 alle 15:05

    @Claudio : se e' saltato il collegamento all' interno del magnete, e sono partiti gli shunts, e' palese che l' arco si e' formato in corrispondenza del collegamento saltato..... Anzi, tutta l' energia e' andata a parare proprio li.
    A questo punto sarebbe forse meglio non fare intervenire gli shunts, in modo che l' arco si divida tra il collegamento saltato (dove fa danno) e l' interruttore aperto (dove fa poco danno).
    Per quanto riguarda gli ancoraggi alle fondazioni... eh... effettivamente se cedono cosi' in fretta non e' il massimo.
    Non vorrei che si fosse ripresentato quel famigerato problema di mancanza di resistenza alle sollecitazioni asimmetriche dovuto ad errore di progettazione che era costato un anno di ritardo, mi pare nel 2007, e rimediato non si capisce bene come....

    Max

    Rispondi
  6. claudio b. dice

    17 Ottobre 2008 alle 16:23

    @Max:
    il report non dice che si è danneggiata la struttura interna dei magneti. Con similitudine alle grosse turbine idrauliche, che sono a loro modo dei recipienti in pressione, ci sono due modi di scaricare le forze: o ci si affida alle fondazioni, o si rende la struttura "auto-portante". Nel primo caso, le fondazioni devono resistere anche ai "catastrophic loadcases". Conoscendo i civili 😉 quando noi meccanici passiamo loro il prospetto dei possibili carichi sulle fondazioni, loro dimensionano gli ancoraggi e le armature con coefficienti "di incertezza" di almeno 1.5, se non anche 2 o 3. Nel secondo caso, invece, gli organi meccanici poggiano su supporti "a slitta" che reggono e bloccano solo gli spostamenti verticali, lasciando quelli orizzontali "liberi" fermo restando l'attrito (la fondazione deve quindi essere pienamente dimensionata in verticale, e dimensionata per le massime forze di attrito in orizzontale. Il report dice che i dipoli poggiano su "Jacks". Suppongo, sempre per analogia, che siano "levelling Jacks". Li usiamo anche noi per mettere "in bolla" le turbine prima della cementazione. Però non offrono ancoraggio alcuno, il che mi fa pensare che l'LHC dovrebbe essere progettato come "auto-portante". In questo caso, però, significherebbe che non sono stati tenuti in conto i possibili carichi "in-plane" per attrito... Comunque io guardi la cosa, stando al poco che dice il report (che è un "summary", probabilmente quello completo si estende per decine e decine di pagine), da misero strutturista sento puzza di bruciato...
    Quanto agli shunts: ma aumentando la resistenza del circuito, non si abbassa l'intensità di corrente? e siccome V=RI, dove R è la resistenza dell'interruttore, V diminuisce e così la possibilità di creare un arco. Boh, forse mi sto incartando su qualcosa di semplice, adesso non ho tempo per fare un ragionamento più dettagliato... Ci penserò su...

    Saluti

    Rispondi
  7. Max dice

    17 Ottobre 2008 alle 19:46

    @Claudio : non ho idea di come funzionino i supporti dei magneti dell' LHC (hem... e nessuna intenzione di andarmeli a studiare, per ora 🙂 ). I magneti dell' LHC in condizioni "normali" non sviluppano carichi dinamici indi, salvo per le dilatazioni termiche (che da 0 a -272 gradi qualcosina faranno....), il carico e' verticale e prevedibilissimo.
    Per le dilatazioni, servono giunti scorrevoli, non c'e' santo, con simili variazioni di temperatura; non solo, credo che la costruzione meccanica dei magneti risulti piuttosto rognosa.
    In quanto poi ai carichi eccezionali, come questo, i coefficienti di sicurezza (incertezza suona male 🙂 ) sono di solito pari a 1 o anche meno nel caso di carichi fortemente impulsivi come puo' essere un' esplosione.
    Detto questo, non riesco proprio a capire come un magnete che salta, pur esplodendo per sovrapressione, riesca a danneggiare una struttura di fondazione. Magari i supporti meccanici si, ma la fondazione..... mah.
    Ripeto, qui non si tratta di una centrifuga o di una turbina, che danno carichi dinamici notevoli e prolungati; questo e' un "tubone" appoggiato li.

    Lo shunt : non sono un elettrotecnico, ma un po' di elettronica ci macino, e' uno dei miei hobby a tempo perso.
    L' andamento della tensione (e corrente) in un circuito induttivo segue tutto meno che la legge di ohm. Se salta un collegamento per sovradissipazione (come penso sia il caso in questione), ci si trova con un induttore (enorme in questo caso) completamente carico, con una corrente di 9 KA in circolo; aprendo il circuito l' induttore fa il suo sacrosanto lavoro cercando di mantenere la corrente costante, quindi aumentando la tensione ai capi della connessione rotta a valori stratosferici, finche' non si forma l' arco.
    Chiudere uno shunt secco a valle serve solo a scaricare tutta l' energia nel giunto rotto e a nient' altro. Inserendo uno shunt resistivo si ottiene un effetto un po' controintuitivo : piu' e' grande la resistenza e piu' velocemente si scarica l' induttore, al contrario del caso capacitivo. Chiaramente lo shunt va a dissipare una potenza proporzionale alla sua resistenza e alla corrente in circolo.... 1 ohm con 9 KA in circolo fanno 9 KW istantanei, una bella stufa. Se vai sui 10 ohm, i KW diventano 90 e cominciano a dare problemi. Si potrebbero fare 2 conti sul tempo di scarica in base alla R, ma non conosco l' induttanza del magnete (e sono pigro 🙂 )
    Tieni conto comunque che, con i tempi di intervento dello shunt (mi par si parlasse di mezzo secondo) una buona parte del danno sul collegamento rotto e' fatto.

    Ciao

    Max

    Rispondi
  8. pippo dice

    18 Ottobre 2008 alle 00:15

    ogni magnete ha dei diodi di ricircolo ai suoi capi quindi quando quenchia la sua corrente ricircola li. sul circuito principale l'alimentatore ha uno switch con una resistenza detta di dump in parallelo , credo che la tensione (tipo 1 kv ) quindi la resistenza di dump potrebbe essera da 0.1 ohm. Per far transire i magneti vengono accesi dei riscaldatori sulle bobine (quench heater).
    Il problema è che non dovevano permettersi di lasciare in magneti accesi con 300mv su una giunzione (0.3 x 9ka= 2.7KW !!!) .
    Quello che è successo poi è che il cavo si è fuso ed essendo i magneti accesi è scoccato l'arco ( in elio gas).
    quando, continuando a fondere, le due estremità del cavo sono diventate troppo distanti l'arco si è scaricato sulla massa (il flessibile del tubo) e lo ha forato.

    Rispondi
  9. Max dice

    18 Ottobre 2008 alle 00:50

    Dubito che abbiano "lasciato acceso" i magneti con una simile corrente ed una caduta di tensione del genere sulla giunzione.....
    Credo piu' semplicemente che la giunzione si sia deteriorata con una caduta ben inferiore e che poi abbia proceduto a valanga.
    Credo che 2.7 KW dissipati da una giunzione che dovrebbe lavorare vicino allo zero assoluto e a resistenza zero la vaporizzino in un istante, ben inferiore comunque al tempo necessario a scaricare il magnete come si deve.
    Credo tu ti stia confondendo un pelino.... i magneti, piu' che "accesi" li definirei "carichi", e vista l' energia non li scarichi in un microsecondo. I casi sono 2 :
    1- La giunzione era PRIMA del gruppo magnete-diodi di ricircolo, ma i magneti si sarebbero scaricati sui diodi e la giunzione rotta non avrebbe fatto nulla.
    2- La giunzione era TRA il percorso della corrente dai magneti ai diodi di ricircolo, arco assicurato. Quindi suppongo sia questo il caso.
    E qui non c'e' nulla da fare, puoi mettere tutti i dispositivi che vuoi, ma se si rompe una giunzione sul percorso di ricircolo il risultato e' questo.

    La cosa che, secondo me, resta da verificare e' se gli strumenti sarebbero stati o meno in grado di prevedere l' insorgere del difetto nella giunzione durante la rampa di carica dei magneti....

    Max

    Rispondi
  10. pippo dice

    18 Ottobre 2008 alle 22:12

    @Max. non mi confondo affatto ! rileggiti bene il report.
    se avessero conglobato le giunzioni nel circuito dei quench detector questi a 100 mV avrebbero acceso i quench heater ed i magneti si sarebbero scaricati sui diodi riducendo la corrente della serie. Invece le giunzioni erano fuori dal circuito di rilevazione e ci hanno messo .89 sec a reagire e neppure con la soluzione più rapida. Come hai detto giustamente tu ci vuole un istante a vaporizzare.
    Il fatto è che si tira a tenere le giunzioni fuori dalla rilevazione dei quench perchè quelle sono già resistive normalmente e riducono la sensibilità di rilevazione delle parti resistive, ma a questo punto si dovrebbe inserire un soglia di tensione dedicata. Capisco che per LHC con 2400 giuzioni sarebbe stato un problema ma allora non sali a 10A/sec la prima volta. Cazzo, ti fermi a step e misuri la caduta sul circuito alle varie correnti prima di arrivare al punto dove il raffreddamento non ce la fa più.
    Comunque , senti , io mi sono fatto le mie idee e non ho interesse particolare a convincervi. ho scritto perchè ho letto per caso e ho visto che stavate facendo delle considerazioni intelligenti e mi faceva piacere aiutarvi nei vostri ragionamenti.
    ciao ciao

    Rispondi
  11. Max dice

    18 Ottobre 2008 alle 23:57

    @Pippo : non ti scaldare, non sono un' esperto e stavo facendo 2 considerazioni da dilettante in campo elettronico 🙂
    Cmq, concordo che con un rilevatore di resistivita' e un ramping cautelativo nella corrente (almeno per le prime volte) probabilmente il problema si sarebbe visto prima di arrivare alla rottura della giunzione.... Probabilmente (e dico PROBABILMENTE!!!) c'era un po' troppa fretta di arrivare ai 5 TeV.

    Max

    Rispondi
  12. claudio b. dice

    20 Ottobre 2008 alle 10:04

    @Pippo:
    grazie; comincia ad essere più chiaro, il tutto...

    Saluti

    Rispondi
  13. valeria dice

    21 Ottobre 2008 alle 08:16

    Oh parbleu!
    Probabilmente devo ritornare ad avere paura... 😮

    Cordialità

    Rispondi
  14. Max dice

    21 Ottobre 2008 alle 13:07

    Poffarbacco, no, a meno che tu non preveda di fare un picnic nel tunnel del CERN durante il collaudo ! 🙂

    Max

    Rispondi
  15. QL dice

    1 Novembre 2008 alle 22:35

    Ehi Marco, ho trovato qualcosa che probabilmente potrebbe interessare ai tecnici che hanno ideato, progettato e ordinato i magneti dell'LHC. Probabilmente ai tempi di inizio costruzione dell'acceleratore non se ne aveva ancora notizia quindi l'unica risorsa disponibile erano i superconduttori superraffreddati, ma quanto elio, tempo e soldi avrebbero risparmiato ORA che a quanto pare gli americano sono riusciti a creare i primi superconduttori a temperatura ambiente, da loro stessi chiamati "ultraconduttori"?
    Questo filmato caricato su youtube che parla dei polimeri ultraconduttori sembra confermare che sono finalmente arrivati a una delle più importanti conquiste tecnologiche della storia umana:

    http://it.youtube.com/watch?v=4ZBobLfUiik&NR=1

    C'è anche un sito web relativo che ne parla:

    http://www.ultraconductors.com

    Che dici, secondo te è tutto vero o è l'ennesima bufala o esagerazione?

    Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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