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Doomsday Book, l'anno del contagio

9 Marzo 2017 4 commenti

Il secondo romanzo di fantascienza vincitore sia del premio Hugo che del premio Nebula che ho letto nel 2016 è The Doomsday Book di Connie Willis. Pubblicato nel 1992, e tradotto nel 1996 in italiano come L'anno del contagio, è un romanzo di fantascienza particolare, perché, per una volta, l'azione si svolge principalmente nel passato. Immaginate dunque un romanzo storico, basato però sulla premessa che, in un futuro relativamente prossimo, sia stato inventato un modo per viaggiare indietro nel tempo. I dipartimenti di storia e di archeologia delle università prossime venture sono stati rivoluzionati dalla scoperta: la ricerca "sul campo" si fa mandando fisicamente i ricercatori nel periodo che si vuole studiare, con tutte le complicazioni del caso. Servono dunque tecnici qualificati per garantire che il viaggio vada bene, e che il ricercatore arrivi nel posto e soprattutto nel momento previsto. E serve un'organizzazione certosina, per permettere al ricercatore di integrarsi nel passato senza destare sospetti o disturbare l'ordine degli avvenimenti: abiti adeguati, lingue antiche da imparare, usi e costumi da comprendere e a cui abituarsi in anticipo, e vaccinazioni a larghissimo spettro per sopravvivere a standard di igiene e medicina d'epoca.

Le cose non vanno sempre per il verso giusto, e le porte temporali non si aprono sempre con la precisione sperata. Può capitare dunque che la giovane dottoranda Kivrin, pronta a partire per il 1320 per studiare la vita dell'Inghilterra medievale, si ritrovi per errore catapultata nel 1348, e d'altronde nessuno fino ad allora aveva viaggiato così indietro nel tempo. Ventotto anni di differenza possono sembrare pochi, ma nel 1348 le cose sono diverse da come gli studiosi del presente si sarebbero aspettati. Nel 1348 nessuno sembra capire la lingua tardo medioevale che Kivrin ha imparato, i vestiti con cui è partita non sono adeguati, la carenza di pulizia a cui si è preparata non ha niente a che vedere con la totale mancanza di igiene che incontra. Ma sopratutto nel 1348 l'Inghilterra è nel bel mezzo dell'epidemia di peste nera che ne decimerà la popolazione. Il romanzo alterna dunque il disperato soggiorno di Kivrin nel passato, tra fatiche personali, incomprensioni e barriere culturali insuperabile, e la devastazione della peste; e il presente/futuro prossimo dell'Inghilterra, dove una molto più banale epidemia di influenza rende il recupero di Kivrin dal salto temporale sbagliato ancora più complesso di quanto non sarebbe normalmente.

Toccante e capacissimo di descrivere l'insuperabile alterità tra culture separate da secoli, The Doomsday Book mi è piaciuto moltissimo. Molto diverso dalla fantascienza di futuro, spazio e astronavi, è stata una rinfrescante boccata d'aria fresca nelle mie letture. Connie Willis ha scritto altri due romanzi gemelli basati sulla stessa meccanica della ricerca storica basata sui viaggi nel tempo, Blackout e All Clear, anche loro vincitori della coppia Hugo/Nebula (nella sua carriera la Willis ha vinto dieci Hugo e sette Nebula!), e anche loro dunque nella lista di romanzi da leggere. Visto quanto mi era piaciuto The Doomsday Book mi ci sono subito buttato sopra, per scoprire però con un certa delusione che la giovane Kivrin, alla quale mi ero tanto affezionato, non era più tra protagonisti dei nuovi viaggi nel tempo. Sembrano esserci ancora il suo supervisore all'università, Mr. Dunworthy, e Colin, il ragazzino intraprendente che in The Doomsday Book è fondamentale per il ritorno di Kivrin al presente. Per adesso li ho messi da parte, ci tornerò. Peccato però, visto che Kivrin è uno dei rari casi di donne protagoniste di viaggi nel tempo. Buona lettura.

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Archiviato in:Letture e riflessioni Contrassegnato con: Connie Willlis, Doomsday Book, fantascienza, Progetto Hugo+Nebula, storia, viaggi nel tempo

Interazioni del lettore

Commenti

  1. Oriella Dorella dice

    11 Marzo 2017 alle 08:21

    Una donna che viaggia nel tempo a ritroso! Mi ispira molto! Vorrei provare a leggerlo in inglese (che so abbastanza bene)... secondo te è molto difficile? che tipo di linguaggio usa lo scrittore? grazie per i consigli.

    Rispondi
  2. Marco dice

    11 Marzo 2017 alle 09:27

    Io l'ho letto in inglese e non ricordo particolari difficoltà, anzi. Fammi sapere!

    Rispondi
  3. Isa dice

    13 Marzo 2017 alle 16:53

    Letto ( ma non ricordo in che lingua) !! Piaciuto un sacco anche a me, specialmente il giochetto con le malattie (non dico altro)
    Da leggere assolutamente!

    Rispondi
  4. Alfonso Cusano dice

    9 Gennaio 2021 alle 16:51

    Ho trovato per caso la sua recensione che condivido pienamente. Sono un settantenne, architetto, autore e amante di fantascienza. Il mio primo libro di fantascienza, che ha condizionato poi le mie letture, è stato un romanzo che forse per primo ha trattato i viaggi nel tempo e cioè “Un americano alla corte di re Artù” di Mark Twain scritto nel 1889. Era una edizione per ragazzi (inizio anni 60) con le illustrazioni e versione non integrale, perché Mark Twain aveva criticato la corte di mago Merlino e altro e quindi giravano versioni rimaneggiate, ma poi ho recuperato con quella integrale e quelle censure oggi fanno sorridere. Comunque complimenti per la recensione e buona fortuna per il suo “futuro” …

    Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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