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L'ultima estate. Romagna, martedì 16 agosto 1994

7 Marzo 2017 3 commenti

(L'ultima estate è un esperimento di scrittura post-adolescenziale postuma, ispirato al podcast Mortified. Ho scritto questo testo tra l'estate del 1994, l'autunno del 1997 e la primavera del 1999, ma se passate il mouse sui numerelli appariranno dei box di commento scritti oggi, a più o meno 20 anni di distanza. Questa è la tredicesima puntata, il racconto inizia qui.)

Cinque palline (foto di Dan Masa da Flickr)

Il martedì è il giorno di chiusura degli alimentari in Romagna (e noi siamo ancora a S. Sofia per blocco-auto-Tecla). Questo, unito alla tarda ora del risveglio, ci conduce a rifocillarci da “La Contessa”, dove, alle h. 15, con 18.000 lire mangio gnocchetti in salsa rosa, pomodori al forno, braciola di maiale alla griglia, caffè. [1]Non riesco a ricordarmi se questa annotazione fosse per il prezzo spropositato, o per congratularmi per tanto ben di Dio a così poco. Oggi il ristorante sembra esistere ancora, ed è segnalato come per budget medio-alti. Chissà.

Sto cominciando a soffrire un po’ la mancanza di Willi e Flip; [2]Nel caso il lettore avesse dimenticato, sono rimasto con un solo compagno di viaggio maschio - pelato, xenofobo e maniaco - e una serie di ragazze in perenne crisi. Evviva. Kurt è un buon compagno di viaggio [3]La disperazione fa apprezzare tutto. (e di letto, vista la sistemazione nel lettone a casa di Sheila [4]Per chi si fosse perso, Sheila  è la cugina di Lamù, compagna di liceo di Cassandra. A casa sua io sono stato confinato in stanza (e nel letto!) con l'unico altro uomo della compagnia, non perché non abbia una fidanzata con la quale potrei voler condividere l'scova  ma perché il gineceo ha deciso di vivere insieme e separatamente. ), ma gli altalenanti umori delle ragazze tutte non sempre sono di grande conforto, o facili da sopportare. Io dal canto mio, cerco sempre di “sorridere e cantare anche nelle difficolà” (e d’altronde ho i miei buoni motivi per farlo); ieri al telefono con Willi abbiamo deciso che il motto per la sopravvivenza è “PICI FOREVER!”, [5]Per i non piemontesi, "pici" è il plurale di "piciu". e ce n’è ben bisogno...

Ecco che come di consueto salta fuori il Padre Ralph [6]Ho sempre usato l'espressione "Padre Ralph" per dire "il bravo pretino", ignaro che, nella mia astinenza televisiva dell'epoca, si trattasse del protagonista di Uccelli di rovo, dunque non esattamente un esempio paradigmatico di santità. Probabilmente il curato di Ambricourt sarebbe stata una scelta più appropriata. che è in me, la Pollyanna [7]Sulla santità di Pollyanna, e sul masochismo del suo "gioco della felicità", invece, non dovrebbero esservi dubbi. La mia referenza naturalmente era ed è la serie animata giapponese. delle occasioni più cupe. Come se bastasse. Che paura avevo quando scrivevo queste cose... una vacanza in cui bisogna “sopravvivere”? Ma scherziamo? Con la pia illusione che scrivere su un diario mi sollevasse dalla tristezza, mi rendesse più forte, mi scaricasse dalle responsabilità, verso gli altri e soprattutto verso me stesso.

Qui Sheila sembra ormai un po’ stufa della nostra irruente presenza, o forse è solo un’idea, ed ella invece ha solo i cavoli suoi; comunque, per sicurezza e per non creare ulteriori tensioni, oggi pomeriggio ci trasformiamo in una squadra delle pulizie e rassettiamo i due appartamenti. [8]Appartamenti che avevamo abbondantemente devastato nel corso dell'occupazione, cosa che spiegava ampiamente il nervosismo di Sheila.

La tristezza e la desolazione si spandono definitivamente sulla mia giornata. Dovrei partire, urlare, fare qualcosa, prendermela con qualcuno, rigare la macchina di Kurt, [9]Chiaramente una pulsione suicida, viste le conseguenze che avrei dovuto patire fossi mai passato all'atto. litigare con Cassandra, [10]E invece. baccagliare qualche donnina del luogo anche solo per attirare l’attenzione, [11]Ma anche per qualcosa di più, smidollato che non ero altro. pretendere e magari sembrare un po’ arrogante o presuntuoso o indelicato, che tanto di delicatezza intorno non ce n’è neanche l’ombra e non farei tanti danni in più. E invece niente, in questo velo di silenzio, di finto rispetto delle altrui esigenze o stranezze.

Mi sento solo, solo rimango. Niente da aggiungere.

Indi Kurt si assopisce, Maia sparisce, Cassandra si consulta con Lamù che dipinge con Tecla. Io suono un po’, poi mi annoio un po’ e decido di andare ad allenarmi un po’ a fare il giocoliere con le palline e a stare sulla testa, con i piedi in sù, nel pratone davanti a casa. Immancabilmente attiro un po’ di bambini, e di mamme preoccupate dei capelli lunghi (peraltro legati) o dei piedi nudi. [12]Fare l'intrattenitore di infanti era segnato nel mio destino. È una maledizione da cui non ci si affranca facilmente. E anche, a volte, una comoda scusa.

Ceniamo alla Festa dell’Unità, che comincia oggi ed è IDENTICA (stesso luogo, stesse cose, altre bandiere) alla Festa dell’AVIS. [13]Come per il maiale, delle logistica delle feste romagnole non si butta via niente. Qui mangio meglio che alla Festa di Liberazione, in modo più popolare ma spendendo meno.

Cassandra si accorge di aver perso l’orologio, cosa che coinvolge in una drammatica ricerca (non scherzo) al buio nell’erba del sopracitato pratone, ricerca di cui vengo a capo vittorioso abbastanza in fretta (meno male!) – Padre Ralph, Pollyanna –. [14]Cielo, che pazienza. Ricordo bene la ricerca spasmodica nell'erba al buio. Certo, era un orologio prezioso; certo, era un regalo caro. Però il livello di stress impostomi era solo comparabile a tutto il resto, ciliegina sulla torta di un perfetto trattamento da servo della gleba, di cui Elio e compagni cantavano ormai da due anni.

Seguono le consuete danze a palchetto con il gruppo d’occasione, poi si va a nanna (domani, in giornata, S. Marino e – forse – recupero auto aggiustata). Io non ho molto sonno, mi piacerebbe chiacchierare gentilmente davanti ad un bicchiere di vino fraternizzando un po’, ma evidentemente non è serata (forse siamo troppo stanchi), [15]Stanchi di stare insieme, immagino volessi inconsciamente. e così , di riffa o di raffa, resto solo davanti al bicchiere, a suonare sottovoce e scrivere il diario.

(continua)

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Note[+]

Note
↑1 Non riesco a ricordarmi se questa annotazione fosse per il prezzo spropositato, o per congratularmi per tanto ben di Dio a così poco. Oggi il ristorante sembra esistere ancora, ed è segnalato come per budget medio-alti. Chissà.
↑2 Nel caso il lettore avesse dimenticato, sono rimasto con un solo compagno di viaggio maschio - pelato, xenofobo e maniaco - e una serie di ragazze in perenne crisi. Evviva.
↑3 La disperazione fa apprezzare tutto.
↑4 Per chi si fosse perso, Sheila  è la cugina di Lamù, compagna di liceo di Cassandra. A casa sua io sono stato confinato in stanza (e nel letto!) con l'unico altro uomo della compagnia, non perché non abbia una fidanzata con la quale potrei voler condividere l'scova  ma perché il gineceo ha deciso di vivere insieme e separatamente.
↑5 Per i non piemontesi, "pici" è il plurale di "piciu".
↑6 Ho sempre usato l'espressione "Padre Ralph" per dire "il bravo pretino", ignaro che, nella mia astinenza televisiva dell'epoca, si trattasse del protagonista di Uccelli di rovo, dunque non esattamente un esempio paradigmatico di santità. Probabilmente il curato di Ambricourt sarebbe stata una scelta più appropriata.
↑7 Sulla santità di Pollyanna, e sul masochismo del suo "gioco della felicità", invece, non dovrebbero esservi dubbi. La mia referenza naturalmente era ed è la serie animata giapponese.
↑8 Appartamenti che avevamo abbondantemente devastato nel corso dell'occupazione, cosa che spiegava ampiamente il nervosismo di Sheila.
↑9 Chiaramente una pulsione suicida, viste le conseguenze che avrei dovuto patire fossi mai passato all'atto.
↑10 E invece.
↑11 Ma anche per qualcosa di più, smidollato che non ero altro.
↑12 Fare l'intrattenitore di infanti era segnato nel mio destino. È una maledizione da cui non ci si affranca facilmente. E anche, a volte, una comoda scusa.
↑13 Come per il maiale, delle logistica delle feste romagnole non si butta via niente.
↑14 Cielo, che pazienza. Ricordo bene la ricerca spasmodica nell'erba al buio. Certo, era un orologio prezioso; certo, era un regalo caro. Però il livello di stress impostomi era solo comparabile a tutto il resto, ciliegina sulla torta di un perfetto trattamento da servo della gleba, di cui Elio e compagni cantavano ormai da due anni.
↑15 Stanchi di stare insieme, immagino volessi inconsciamente.

Archiviato in:Vita di frontiera Contrassegnato con: L'ultima estate

Interazioni del lettore

Commenti

  1. Emanuela dice

    9 Marzo 2017 alle 13:26

    Grazie Marco, non ho letto tutti gli episodi ma l'impressione che ne ho avuto e in particolare di questo è il mio ricordare la noia infinita del vivere in compagnia soprattutto per più di un giorno. Sono sempre stata una solitaria e sempre ho avuto nausea della troppa vicinanza con altre persone. Se mi interessa o mi sarebbe piaciuto vedere un bel film l'ho sempre fatto da sola quando possibile o non riuscivo a godermelo. E così per ogni cosa, perfino un cibo succulento per me perde di piacere se gustato in compagnia!Caso clinico? NO!! E' bellissimo stare da soli, senza vincoli, orari, dover adattarsi agli altri e ai loro umori o voglie ecc. Tranne ovviamente quando c'è l'amore o un'amicizia bellissima di mezzo. E' bello leggere questi tuoi ricordi, mi piace molto. Un caro saluto Emanuela

    Rispondi

Trackback

  1. L’ultima estate. Romagna, mercoledì 17 agosto 1994 | ha detto:
    26 Marzo 2017 alle 10:30

    […] ascetica con un po’ di mortificazione della carne, direi. Che mi autoinfliggo per dimenticare? O è di nuovo Pollyanna che salta […]

    Rispondi
  2. L’ultima estate. Il racconto completo. | ha detto:
    19 Luglio 2017 alle 09:52

    […] Romagna, martedì 16 agosto 1994 (di solitudine e tristezza, silenzio e codardia e palline da giocoliere) […]

    Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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