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Colori che scompaiono, colori che appaiono

21 Luglio 2013 8 commenti

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Qualche settimana fa Giulia ed io abbiamo costruito un paio di dischi di Newton, per fare le magie con luci e colori. Alla fine, l'esperimento è diventato un pezzo per il numero di DafDaf di luglio, che vi appiccico qui sotto. Vi allego anche il PDF originale dei dischi, se volete costruirne di più grandi. Anche se, come abbiamo verificato con mano Giulia ed io, più piccole sono le trottole, più facile è farle girare velocemente, e migliore sarà l'effetto.

DafDaf-07-2013_p10

DafDaf-07-2013_p11

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Archiviato in:Raccontare la scienza Contrassegnato con: colori, composizione, DafDaf, dischi Newton, luce

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Commenti

  1. Pasquale dice

    23 Luglio 2013 alle 15:52

    Ottimo suggerimento! Mio padre è un insegnante delle medie a caccia di qualcosa di divertente da mostrare ai suoi alunni e spesso tento di dargli qualche idea. Questa dei dischi di Newton potrebbe essere un'idea simpatica.

    Rispondi
  2. Marco M. dice

    26 Agosto 2013 alle 15:42

    Ciao marco , vorrei legarmi a questo post per domandare di luce e di ciò che esiste in senso generico.
    Il mio pensiero e' attratto da una parte da un concetto che era ben radicato in Einstein , cioè che tutto ciò che esiste c'è ed è " concreto" nonostante nessuno sia li a osservarle ... Tuttavia allo stesso tempo ci sono esperimenti che dimostrano quanto il concetto di materiale possa prendere forma so nel momento e nell atto di osservare , come ben avrai capito parlo della luce la quale sembra avere natura o meglio manifestazioni differenti a seconda dell interazione che esercitiamo su di essa ...
    La domanda che vorrei farti e' forse banale , la tua risposta , invece, sarà per me motivo di riflessione (puramente non scientifica e più che altro semifilosofica):
    Nell esperimento delle "fenditure" , l'atto conclusivo e' dato dalla verifica della figura di interferenza in caso di non osservazione e di fascie di puntini( Passami la semplificazione tecnica e gergale) nel caso di osservazione per determinare da quale delle due fessure era attraversato il quanto di luce .
    Esiste o è stato fatto un esperimento che permettesse dapprima di capire da quale delle due fessure era transitato il quanto è , successivamente tramite specchi e chissà quali altre tecniche fosse stato possibile verificare nuovamente la classica figura di interferenza ?
    In parole povere, e' possibile una volta verificata la manifestazione corpuscolare della luce " ripristinare e verificarne la sua manifestazione come "onda"?
    Grazie
    Marco

    Rispondi
  3. Fabiano dice

    27 Agosto 2013 alle 13:23

    Ciao Marco M., mi permetto di risponderti io, Marco D. mi correggerà se le sparo troppo grosse 🙂 .
    Di esperimenti come dici ne sono stati fatti di tutti i colori, in quasi 100 anni di meccanica quantistica i tentativi di confutarla sono stati innumerevoli.
    Il problema di fondo forse è il tuo concetto di "concreto" o "materiale", un po' troppo legato alle esperienze di tutti i giorni, troppo legato ai tuoi cinque sensi. Quanto è concreta la Galassia di Andromeda? Non puoi andarci, non puoi toccarla, non puoi vederla da un'altra angolazione, non puoi nemmeno vederla con i tuoi occhi, devi affidarti a una macchina fotografica collegata a un telescopio dotato di inseguimento automatico. Quanto è "materiale" quell'insieme di pixel ottenuti con una tecnologia che magari non sai nemmeno come funziona (di sicuro non nei dettagli)?
    Se ci pensi bene, la funzione d'onda del fotone che attraversa le due fenditure, disegnata sullo schermo di un computer, non è poi così lontana dalla foto della Galassia di Andromeda. A mio avviso non è meno "concreta" o "materiale". Certo è che va accettata come tale, se la rifiuti continuerai a vedere ciò che vuoi vedere: una complicata e noiosa funzione matematica.
    La funzione d'onda del fotone nell'esperimento è la miglior descrizione che noi possiamo avere di quell'oggetto distante (il fotone), così come la foto della Galassia di Andromeda è scattata sempre dall'unica angolazione possibile.

    Scoprire quale delle due fenditure è stata usata dal fotone per passare dall'altra parte, significa distruggere l'interferenza nella funzione d'onda. Questo è un principio fondamentale della M.Q.
    Delle due l'una: o la tecnica usata per fare la misura è così debole e poco invasiva che il risultato stesso della misura è inconcludente (non si riesce a stabilire quale fenditura) oppure è abbastanza risoluta, ma allo stesso tempo invasiva, tanto da distruggere l'interferenza.

    P.S. Buon compleanno Marco D., leggo solo oggi il tuo tweet di ieri. 🙂

    Rispondi
  4. Marco dice

    28 Agosto 2013 alle 12:21

    @Fabiano: Grazie per gli auguri (sono vecchio!).

    Venendo a bomba, quella che pone @MarcoM. è una delle questioni fondamentali della meccanica quantistica, di cui a suo tempo Oliver ed io abbiamo discusso abbondantemente. Ecco qui, adattato al palato canino, la discussione della questione del misurare da che fenditura passi l'elettrone:

    https://www.borborigmi.org/2011/01/31/la-meccanica-quantistica-spiegata-a-oliver-quinta-e-ultima-passeggiata-cani-da-guardia-dietro-le-fenditure/

    Rispondi
  5. Marco M. dice

    3 Settembre 2013 alle 09:34

    @Fabiano
    il discorso del collasso della funzione d'onda durante l'atto di osservazione non mi spaventa affatto, ne sono sorpreso certo, ma è ormai passato qualche anno da quanto ne sono venuto a conoscenza e devo dire che ormai è stato ben digerito dal mio organismo (certo questo non signofica che lo comprenda); il discorso di cosa sia reale concreto altrettanto mi stuzzica la mente ed è un concetto su cui rifletto spesso durante le serate indicate; tuttavia anche in questo caso per quanto inaspettate possano essere le conseguenze , non sono nuovo a formulare pensieri che vanno al di là della routine e delle regole che ci incatenano fisicamente e mentalmente al modo naturale di vivere con i piedi per terra.

    Quindi provo a riformulare nuovamente la domanda in modo differente per vedere se riesco ad ottenere una risposta centrata sulla domanda:

    è possibile , dopo aver causato il collasso della funzione d'onda, ripristinare la stessa e verificarne effettivamente la manifestazione tipica "ad onda" ?

    Hai detto che sono stati fatti innumerevoli esperimenti, tra di questi ne ricordi qualcuno che sia stato pensato per questo scopo ? se si quali sono stati gli esiti?

    @Marco
    Le passeggiate con Oliver le avevo divorate a suo tempo, ma purtroppo per me da allora la sete è aumentata fino al punto da pormi domande come quella di cui sopra, il problema è che su questo campo l'acqua mi pare scarseggi (parlo in generale non è certo una mancanza di Oliver).

    Rispondi
  6. Fabiano dice

    7 Settembre 2013 alle 14:40

    @Marco M.
    per quanto ne so io, la risposta alla tua domanda è semplicemente "no". 🙂
    Sempre che abbia capito bene cosa intendi per "ripristinare" (immagino tu voglia dire "recuperare le parti della funzione d'onda perse nel collasso, ripristinarla come se il collasso non fosse mai avvenuto", quindi come se la misura non fosse mai stata fatta).

    Alle mie orecchie di semplice appassionato (ma con moltissime ore del mio tempo libero dedicate all'argomento), la tua domanda e la successiva richiesta di riprova suonano un po' come: "è possibile tornare giovani con l'esperienza di adulti?" - No - "Sai dirmi se ci ha mai provato nessuno?" 🙂

    Con questo voglio dire che non so indicarti un esperimento pensato per lo scopo, ma se è stato fatto di sicuro è fallito, altrimenti la M.Q sarebbe stata demolita e sostituita da qualcos'altro, nel frattempo io sarei tornato a 18 anni con l'esperienza di oggi. 🙂

    Rispondi
  7. nenovr dice

    27 Settembre 2013 alle 14:31

    Ciao Marco, volevo farti una domanda: se punto un fascio di luce su uno specchio, il fascio riflesso mantiene la sue energia iniziale o ciò che si riflette è solo
    l intensità luminosa? Grazie

    Rispondi
  8. Fabiano dice

    29 Settembre 2013 alle 11:01

    @nenovr: se punti un fascio di luce su uno specchio stai mandando una enorme quantità di fotoni a sbattere contro la sottile lastra metallica attaccata al lato posteriore del vetro dello stesso. E più o meno come farebbe una pallina da tennis contro un muro, tornano indietro, praticamente tutti, praticamente senza variazioni, conservando tutte le caratteristiche che avevano nel viaggio di andata.

    Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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