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Dove va lo scoutismo?

1 Dicembre 2007 16 commenti

scoutisme_laic_2007.jpgUn paio di settimane fa, tornando a casa da un giretto per Ginevra, ci siamo imbattuti in questo manifesto: apparentemente gli scout locali, in occasione del centenario mondiale del movimento, hanno sentito il bisogno di provare a combattere i pregiudizi che ne danneggerebbero l'immagine con una campagna pubblicitaria in piena regola. Tre i messaggi: lo scoutismo è un movimento laico (nonostante non rinunci a educare alla dimensione spirituale della persona), è impegnato per la pace (a dispetto di uniformi e formazioni che sembrano spesso paramilitari ai profani), è una scuola di responsabilità e impegno in prima persona (anche se ci sono "capi" e strutture che sembrano gerarchiche).

Allora, diciamolo, i manifesti sono bruttini, e anche la scelta di fare una campagna che contrappone negazioni e affermazioni (perché ci definiamo più spesso per quello che non siamo, piuttosto che per quello che siamo?) non è proprio felicissima. Però bisogna dare atto a questi fanciulli di essere stati coraggiosi, soprattutto sulla componente religioso-confessionale. D'accordo, gli scout ginevrini sono per statuto un'associazione laica e aconfessionale, un po' come il Cngei in Italia. E ospitando Ginevra un miscuglio di popolazioni, il meticciato culturale è d'obbligo nelle associazioni o si rischia facilmente il ghetto nazional-linguistico. Però l'iniziativa mi è sembrata interessante in generale, anche - soprattutto! - per chi come me viene da un'associazione scout con un'appartenenza ecclesiale dichiarata come l'Agesci. Può esistere uno spazio (progettuale, progettato) per un dialogo (ecumenico? Inter-religioso? Semplicemente rispettoso e aperto?) che garantisca dignità a scelte e cammini diversi (e magari anche a nessun cammino...) in un'associazione scout che professa un'adesione religiosa primaria? La mia esperienza personale negli anni passati è sempre stata positiva in questo senso, ma ho visto le cose evolvere, e generalmente in modo negativo. Estremizzando un po' mi viene da chiedere: professarsi aderenti in toto a un cattolicesimo ultra-ortodosso e filo-vaticanista come l'Agesci ha tendenza a fare oggi non è in contrasto (perbacco, persino teologicamente!) con un'ideale (certamente scout!) di fratellanza e di mutuo riconoscimento della validità delle esperienze spirituali altrui? Cosa sarebbero gli scout - chessò - di Israele, tunisini, indiani o semplicemente di Ginevra? Compagni che sbagliano?

missoni_rowerway_200px.jpgNegli stessi giorni di inizio Novembre si consumava a Ginevra la crisi istituzionale del Wosm, con la defenestrazione forzata del segretario Eduardo Missoni dopo le minacce di taglio del supporto finanziario da parte dei Boy Scout of America. Se siete interessati alla storia, Irene l'ha coperta per Vita (e in italiano non si trova molto altro, perché dal punto di vista della capacità di comunicare gli scout nostrani sono reattivi come bradipi), e potete trovarne una cronologia sullo stesso sito di Missoni. Di tutta la vicenda quello che mi ha fatto accendere una lampadina nel cervello sono state queste due dichiarazioni a caldo, la prima di Missoni stesso al Corriere della Sera a proposito del presunto "golpe":

Negli ultimi anni abbiamo puntato sui temi della pace e dell'ambiente. Non solo divertimento per i nostri ragazzi, ma anche impegno sociale. Negli Stati Uniti, invece, prevale l'aspetto puramente ricreativo.

e poi quella di Chiara Sapigni, presidente della Fis, intervistata a riguardo delle faccenda:

Il movimento scout deve guardarsi allo specchio ed affrontare i cambiamenti in corso, ovvero la crisi che attraversa nei Paesi ad alto reddito e l’enorme successo che raccoglie in quelli in via di sviluppo.

A prescindere dallo specifico della crisi del Wosm, dai ricatti monetari degli americani e dagli eventuali errori e presenzialismi di Missoni, la questione veramente in gioco mi sembra questa: che cosa sta diventando lo scoutismo, ne esiste ancora un'idea condivisa? Ovvero, in particolare: lo scoutismo è (ancora) un'esperienza di crescita, che punta a educare cittadini capaci di essere attori di un cambiamento sociale (che è come io l'ho sempre vissuto e interpretato, come Missoni lo vede, e come lo si sperimenta certamente oggi nei paesi in via di sviluppo), o è diventato soltanto un'altra associazione ricreativa tra le tante, dove giovani benestanti possono vivere una qualche avventurina ben protetta?

In fondo mi sto chiedendo: a quali agenzie educative altre che la famiglia e la scuola potremo scegliere di affidare i nostri figli domani? (Si sente tanto che sto per diventare papà?)

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Commenti

  1. robi dice

    6 Dicembre 2007 alle 11:37

    Io ho già scelto, nessuna agenzia educativa... mio figlio verrà iscritto ad una scuola calcio. Tanto, anche lì porterà i pantaloncini e se andrà bene mi ricoprirà di soldi! 😉
    r

    Rispondi
  2. Paola Tropea dice

    8 Aprile 2008 alle 22:34

    Ciao, scopro che abbiamo altro in comune oltre al bisogno di "decoratori" nel Pays de Gex....fra l'altro il problema delle "agenzie" educative in zona! Se troverete soluzioni interessanti...fate un fischio! Un saluto, Paola

    Rispondi
  3. Marco dice

    9 Aprile 2008 alle 11:43

    Ciao Paola!

    Guarda, meglio non parlarne... la nounou di Giulia ci ha appena lasciato a piedi dopo cinque (5!) giorni di prova: uno degli altri bambini che guarda, non a caso suo nipote, è mezzo matto e lei apparentemente non riesce a gestirlo con una bimba di 3 mesi e mezzo tra i piedi. Non poteva pensarci primi? Risultato: siamo di nuovo alla ricerca, questa volta con l'acqua alla gola, e sai come sia facile trovare da queste parti. Oggi siamo piuttosto disperati.. 🙁

    Ma a parte questo, è bello scoprire radici comuni! Voilà, eccoti tra i link di questa paginetta...

    Rispondi
  4. MARIANNA dice

    23 Aprile 2008 alle 17:58

    MA KE DITE?NON CAPISCO LA CONVERSAZIONE

    Rispondi
  5. Marco dice

    23 Aprile 2008 alle 18:34

    Ciao Marianna,

    scusaci le diversioni, Paola ed io abbiamo scoperto per caso di essere (stati) capi scout entrambi, mentre pensavamo solo di condividere un lavoro al CERN, la prole infante e una casa in Francia. Da cui la rapida divagazione dalle agenzie educative ai decoratori e alle tate francesi...

    Scusaci... 🙂

    Rispondi
  6. chiara dice

    29 Marzo 2011 alle 16:00

    Anch'io sono sono una scout (faccio parte dell'AGESCI), ma noto molte volte che le critiche verso il nostro movimento sono molto aspre e accese... mi basti dire che anche mia madre sostiene che "essere scuot non serve a nulla se non si fa altro che indissare un fazzolettone"... Quello che credo è che se agli scout si organizzassero più attività con il prossimo molti uscirebbero e il movimento scout finirebbe... Inoltre siamo accusati di essere troppo amanti del rischio (sopratutto nella branca E/G, perchè dicono che non si può dare una responsabilità così grande a dei ragazzi così piccoli... parlo delle uscite di squadriglia...). Insomma, noi scout iniziamo ad essere criticati, e non poco... quello che mi chiedo è: ma questi che accusano hanno mai aperto gli occhi verso il mondo odierno... noi siamo molto meglio in confronto a quello... quindi non pretendano troppo, perchè se vogliono veramente che noi aiutiamo gli altri... beh, che siano loro i primi!!!

    Rispondi
  7. Marco dice

    29 Marzo 2011 alle 17:46

    Ciao Chiara, benvenuta.

    Penso di capire le critiche di tua madre: che cosa definisce lo scoutismo? Indossare il fazzolettone (e magari "svaccare" tutto il giorno, come si diceva ai miei tempi), oppure avere un certo modo di vedere le cose e vivere la quotidianità? Chiunque porti il fazzolettone al collo dovrebbe pensarci, non credi. E anche chi il fazzolettone lo ha messo nel cassetto come il sottoscritto, peraltro.

    Quello che non condivido tanto è quando dici che "noi siamo molto meglio in confronto al mondo odierno". Perché vedersi come separati, come un'alternativa? Qual è lo scopo ultimo? Mi sembra di ricordare sia diventare buoni cittadini, non buoni scout. E qualcuno diceva "siate il sale della terra", no? 🙂

    Rispondi
  8. Lorenzo dice

    19 Agosto 2014 alle 10:47

    Bello spunto di riflessione Marco.

    Sono attualmente Fratel Bigio a Forlì e di sfide, con i lupetti di oggi, sono tante.
    Noto anch'io una accelerazione sul pedale Cattolicesimo da parte dell'AGESCI; di fatto non credo sia lo scopo ultimo dello Scoutismo essere cattolici e mi chiedo che senso abbia essere così legati alla Chiesa.
    Mi chiedo anche che senso abbia non essere legati alla Chiesa.
    E' un equilibrio molto difficile, di domande e dubbi ce ne sono a bizzeffe.
    Potrebbe nascere un bel discorso.

    Rispondi
    • Marco dice

      19 Agosto 2014 alle 15:35

      È interessante sentire che "noti un'accelerazione sul pedale cattolicesimo" oggi, commentando a un articolo di sette anni fa. Che la tendenza si sia acuita? O le cose sono le sempre più o meno le stesse, e sono le nostre sensibilità a cambiare nel tempo?

      Rispondi
      • Lorenzo dice

        19 Agosto 2014 alle 16:06

        Purtroppo posso parlarti solo delle mie esperienze personali, sopratutto in una non scienza come lo scautismo.
        Quello che ho notato io è come il movimento nazionale cerchi di affrontare sempre in modo vivido e costante il "Mondo Chiesa", ma che, almeno nel mio gruppo, ciò converga ad una riflessione "Troviamo tutti gli sbagli della Chiesa" (soprattutto nel Clan).
        Ormai è quasi la norma, almeno a Forlì, avere capi che fanno sesso pre-matrimoniale (sai che scandalo, dici; noi però dovremmo essere cattolici e araldi/testimoni del cattolicesimo, che ha regole e gerarchie, in teoria).
        Allora come porsi rispetto non alla religione e alla fede, ma ad una Chiesa (intesa come istituzione) così distante dal mondo odierno?
        Di certo a ciò si aggiunge un momento di poca speranza alla quale, come avrai letto, abbiamo risposto con un massiccio Coraggio quest'estate con la Route Nazionale.
        i dubbi sono molti.

        Marco,
        quando arrivo a casa da lavoro cerco di essere più esaustivo ed esauriente.

        Rispondi
  9. Lorenzo dice

    19 Agosto 2014 alle 16:45

    Riassumendo il dubbio fondamentale del me stesso capo è:

    come posso essere io testimone di una Chiesa che a stento a legami con l'attualità della persona oggi (almeno nell'occidente)?
    devo portare esempio di ubbidienza alle parole dette dal Clero o basta solo essere dei buon cristiani?

    Le implicazioni in queste brevi frasi sono enormi, poichè scout lo si è sempre dentro e fuori.
    E' la grande ipocrisia di questi tempi.

    Rispondi
    • Marco dice

      19 Agosto 2014 alle 23:20

      Lorenzo, ovviamente non ho una risposta, e non ti nascondo nemmeno che oggi le stesse questioni mi interrogano in modo ben diverso di come lo facevamo dieci anni fa: non sono più un capo scout (uno scout probabilmente lo sarò sempre, ma questa è un'altra storia), e la mia visione della chiesa cattolica è molto evoluta da come lo era quando mettevo indossavo il fazzolettone a giorni alterni.

      Detto questo, non riesco a evitare di lanciarti una provocazione, perché questi sono discorsi che ho fatto e rifatto negli anni, e vedo tornare temi e domande sentiti mille volte: dal tuo punto vista (e senza entrare dunque nella questione della laicità possibile dell'esperienza scout) ha veramente senso chiedersi come "essere testimone di una Chiesa"? Volendo camminare su questa strada, uno non dovrebbe aspirare invece a essere piuttosto "testimone di Cristo"? Perché - e in parte accennavo a questo aspetto già nell'articolo qui sopra - sono due cose ben diverse, anche se spesso fa comodo sovrapporle in modo un po' superficiale.

      Rispondi
      • Lorenzo dice

        20 Agosto 2014 alle 08:51

        Rispondo brevemente che il tempo è tiranno, ma non per questo in modo non pieno;
        l'AGESCI è Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani.
        Non Cristiani.
        Detto ciò io sono molto più convinto di dover essere testimone di Cristo che della Chiesa; ma allora perchè non cambiare quella che sembra solo un'apparenza, ossia Cattolici?

        Mi interessa, se non oso troppo, anche la tua visione evoluta della Chiesa, altro punto che può farmi crescere - scusa l'egoismo, ma ogni occasione è buona.

        Rispondi
        • Marco dice

          20 Agosto 2014 alle 22:06

          In breve, che questo non è necessariamente il modo migliore: a suo tempo la definizione di "cattolico" mi stava già stretta non poco, avevo (ed ho, anche se in modo distaccato e meno coinvolto, se possibile) riserve teologiche e dottrinali, per non parlare di quelle sulle prassi e le posizioni sociali, tutte già molto discutibili volendo stare all'interno. Che senso ha, mi chiedevo col fazzoletto al collo, definirsi una chiesa "universale" (che è poi il significato originale di "cattolico") se poi si scelgono e propugnano a spada tratta posizioni chiuse e autoritarie? Non l'ho mai veramente capito (e, insisto, anche e soprattutto da un punto di vista teologico), e penso che sia un sentimento comune tra chi ha a che fare con bambini, ragazzi e famiglie di estrazioni molto diverse, con storie e vissuti variegati, e al limite esigenze di accoglienza e comprensione dei diversi cammini, non di intruppamento. Anche per la chiesa cattolica l'unica etichetta che mi sembra abbia senso sia quella di "cristiana", che da sola è già troppa per la durezza di una sequela difficile e impegnativa, e ben poco tracciata se non nel messaggio evangelico e nell'esperienza di chi ci ha provato nel corso della storia, con errori e tentativi che non possono essere accettati senza leggerli anche con un minimo di prospettiva storica.

          Poi la vita mi ha portato a viaggiare, nello spazio, nel tempo e nelle esperienze, fuori dal recinto delle convinzioni facili, non rispamiandommi una certa dose di disillusioni. La consapevolezza della complessità della vita, e dell'impossibilità di risolvere la richiesta di senso (ammesso che sia possibile trovarne uno) con risposte facili, si è acuita. Penso che sappiamo troppe cose del mondo, e troppe non ne sappiamo, per accontentarci di certezze: il dubbio sistematico mi sembra oggi preferibile, anche come strada per un qualche cammino spirituale. Ma questo sono io, è la strada che mi sono scelto (o trovato a percorrere), e non pretendo di insegnarla a nessuno come quella giusta e da seguire.

          Rispondi
  10. Lorenzo dice

    21 Agosto 2014 alle 09:03

    Pensieri che ho anch'io, formulati in modo diverso e magari più ingenuo visto la mia -relativa- giovinezza.

    Di fatto, il definirsi ancora cattolici, ortodossi, protestanti e chi più ne ha più ne metta è un modo antico di avere certezze e possibilità di confronti muro contro muro, a loro modo rassicuranti, molto utili alla "causa". Perchè i Papi ed equivalenti non mettono da parte questa millenaria differenza per ricercare un univoca visione cristiana?

    Sarebbe un'ottima visione d'insieme nonchè di crescita spirituale per tutte le comunità; trovare veramente differenze, valutando se devono realmente persistere o se sono baggianate, ma sopratutto notare che si è molto più simili di quanto non si creda. E potrebbe giocare un ruolo importantissimo lo scautismo, dal più laico al più vicino ad una realtà religiosa.

    Per quanto riguarda l'essere testimoni di crescita, anche spirituale/religiosa, sono arrivato ad una conclusione simile al secondo paragrafo della tua risposta.
    Bisogna, oggigiorno, abituare al buon senso e allo spirito critico più che ad avere certezze granitiche; lo devo ai miei lupetti. Ho notato anche che hanno bisogno di sincerità, della più pura, e tuttavia anche di sorprese, in un mondo dove i genitori dicono sempre tutto quello che accadrà. Insomma, credo che la crescita spirituale/religiosa la possano e la debbono decidere e autodeterminare da soli nel loro futuro; non mi sento in dovere di indottrinare nel Cattolicesimo (molti gruppi iniziano a fare corsi di catechismo per i Capi in modo da sostituire il Catechismo e fare un'unica attività al sabato) ma posso usare gli insegnamenti di Gesù, Maria e qualunque altra figura (spesso uso racconti zen) per aiutare a sviluppare il buon senso (catechesi, ossia ricordare) e l'accettazione del diverso.

    Riassumendo:
    - credo che il ruolo dello scautismo mondiale sia oggi più che negli anni precedenti quello di creare buoni cittadini vigili e attenti e fratelli di ogni altra guida e scout;
    - non mi sento in dovere di indottrinare al Cattolicesimo, in relazione anche ad un Cattolicesimo vecchio e stantio;
    - ho il dovere di far riscoprire la gioventù a bambini troppo adulti tramite soprese, giochi semplici e collettivi, scoperta di nuovi mondi (dal più microscopico al più macroscopico)
    Tutto questo nell'ottica della attività settimanale di massimo 4 ore (comprendendo anche la Messa domenicale, attività spirituale).

    E' una sfida enorme e ci si sente soli, molte volte.

    Rispondi
  11. Lorenza dice

    15 Settembre 2014 alle 11:53

    ciao, sono stata caposcout (E/G ed R/S) a Bologna finche i miei figli me lo hanno permesso.
    ora, madre di un Rover (matricola a fisica, donde la mia presenza qui oggi...) e di un "partito" ora educatore al gruppo postcresima ho riflettuto che:
    - a parte gli scout, personalmente non ho trovato altre agenzie EDUCATIVE per adolescenti (non parliamo dello sport per favore che di educativo non ha nulla!!) di qui la mia gratitudine eterna ai capi dei miei figli
    - lo scopo dello scoutismo oggi è di educare alla buona cittadinanza, possibilmente mondiale, e la route nazionale R/S, il jamboree, i gruppi nei paesi in via di sviluppo stanno lì a dimostrare che "si può fare"
    - come capi scout Cattolici l'unica testimonianza credibile è nel disegno d'Amore previsto per noi a cui noi rispondiamo con altrettanto umile umano amore
    - caro Fratel Bigio non sei solo!!! non sentirti mai solo 🙂

    Stop scusate l'intrusione, ora continuo a leggere il blog!

    Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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