Eccomi a Chicago.
Sono seduto in uno Starbucks sulla Michigan, nel Magnificent Mile, due isolati dal mio albergo e circa tre dalla conferenza. Sono le 7.30 di mattina, ho davanti a me un cappuccino (small... mezzo litro!) e un panino, rigorosamente diverso da quello che ho ordinato, perché ordinare in un qualunque caffè degli Stati Uniti è un'arte che richiede tempo, dedizione e maestria. Ci arriverò.
Dunque, sono arrivato. Il viaggio... beh, il viaggio è andato come al (mio) solito. Ovvero. Precisione svizzera al primo check-in, a Ginevra non serve a nulla presentarsi un'ora prima, si passeranno immancabilmente i successivi 57 minuti in attesa al gate. In compenso, Charles de Gaulle (l'aeroporto, non il generale) si conferma il solito casino. Insomma, arrivo alle 11, il mio aereo è alle 13.15, vado al controllo di sicurezza e trovo una coda che va (giuro!) dal terminal C al terminal A. Circa un chilometro. Investigando scopro che stamattina "per errore stamattina hanno lasciato una porta aperta, facendo
mescolare passeggeri in uscita a quelli in partenza che saltavano il controllo dei bagagli a mano". Soluzione: evacuare completamente l'area delle partenze, bloccare tutti gli aerei, rifare il security check a tutti i passeggeri. Alle 12 non erano ancora partiti gli aerei delle 9, io paziente in coda facevo amicizia con una giovane russa che doveva tornare a Mosca e non capiva niente. Alle 13 ancora 600 metri di coda mi separavano dalle barriere, quando annunciano che il volo non è ritardato e sta imbarcando. Mi aggrappo a un aitante inserviente, fingo accento dell'Illinois e supero di gran carriera tutta la coda, schivando almeno un paio di Tour Eiffel che mi lanciano un gruppo di giapponesi impazziti che non capiscono ("sorry, il volo per Tokyo ha 6 ore di ritardo, voi restate in coda pazienti" tenta di placarli l'aitante) e mi imbarco. Per poi scoprire che mancano all'appello (solo) 65 passeggeri, e che - giustamente - li aspettiamo.
Morale: partiamo comunque con un'ora e mezza di ritardo, atterreremo con un'ora di ritardo, il appuntamento con Walter e Martin salterà. Ma almeno sono seduto nei posti davanti con spazio per le gambe, i vicini non sono molesti, l'immigrazione passa liscia, l'albergo c'è anche se non è un granché, Chicago è affascinante, e il jet-lag mi permette di alzarmi alle 5 per fare jogging sul lago Michigan. Ma tutto questo è un'altra storia, devo andare a registrarmi alla conferenza.
[...] Benvenuti all'immigrazione, scritto il 5 giugno 2006. Gli altri articoli su quella conferenza sono Colazione a Chicago, Almeno il mio hotel c'era, Blue Line, Greetings from Chicago e Libertà è scegliere la propria [...]