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Trying to learn to walk like the heroes

2 Giugno 2022 Lascia un commento

Certe mattine mi alzo con una canzone in testa, e non esce fino a quando non ne ho cantato le parole a squarciagola, spesso in auto, mentre vado a lavorare dopo aver accompagnato Giulia a scuola. Devo farlo dopo aver accompagnato la fanciulla, perché l'ascolto di musica mattutina e risveglio dell'adolescente da queste parti non vanno molto d'accordo. Questa mattina i meandri tra la mia pancia e il mio cuore erano abitati dalla voce del Boss, che dal lontano 1975 mi canta ancora Backstreets (non che nel 1975 io lo ascoltassi, avevo solo due anni, ma qualche anno dopo la sua voce e la sua chitarra mi avrebbero raggiunto, e mai più lasciato).

Il Boss canta, dicevo, o meglio, prima sussurra. Sussurra le giornate assolate delle estati nel New Jersey, e le notti libere e selvagge, e la certezza di essere immortali, e che amicizia e amore non finiranno mai. E poi, invece, urla. La disperazione per le certezze infrante esce come un grido: l'estate e le notti non sono infinite, e ci aspettano il dover venire a patti con la perdita e l'abbandono, il riconoscimento delle illusioni, e la fatica di ammettere che si cresce, si cambia, si invecchia, si è peggiori di quanto si era immaginato, o forse semplicemente mediocri come tutti quanti:

Trying to learn to walk like the heroes
we thought we had to be
well after all this time
To find we're just like all the rest
stranded in the park
snd forced to confess to
hiding on the backstreets

[ricordi il tempo passato] cercando di imparare a camminare come gli eroi
che pensavamo dovessimo essere?
Beh, dopo tutto questo tempo
scoprire che siamo esattamente come tutti gli altri
arenati in questo parchetto
e obbligati ad ammettere di essersi
nascosti nelle strade secondarie

Backstreets è prima di tutto un walkman bianco, e una cassettina di un bootleg letteralmente consumata tra il 1988 e il 1989 a forza di girarla, ascoltata di nascosto al piano superiore di un letto a castello, cercando di non svegliare nessuno, e di capire perché crescere potesse essere anche così doloroso.

Backstreets è poi una foto di una ragazza, appesa al muro della mia stanza qualche anno dopo, e poi coperta da un post-it con le parole della canzone come fossero un sudario, perché la foto non voglio ancora toglierla, mi ci vorrà un po' di tempo, ma proprio non voglio più vederla:

I hated him, and I hated you when you went away

Ho odiato lui, e ho odiato te quanto te ne sei andata

Backstreets è per fortuna anche un CD, comprato nel 1998 per regalarlo ad un'altra ragazza, prima di partire da Torino per venire per la prima volta a lavorare al CERN, per provare a dirle: "aspettami, ce la faremo". Nel CD c'è un lungo testo, che ho scritto e stampato la notte prima, e che ho ancora nel mio archivio (e nella custodia del CD nel mobile a casa, perché quella ragazza l'ha poi portato con sé). Il testo dice tante cose che non si possono tutte copiare qui, e verso la fine fa:

[nel disco] c’è l’amore qui, prima e sopra e di fianco a tutto. E poi la difficoltà di crescere e diventare adulti, il dolore e la delusione, la gioia e il coraggio e la costanza e la franchezza. Imparare e sbagliare, continuare a credere, non arrendersi. Sentirsi soli e abbandonati, poi di nuovo insieme e sicuri. Avere un progetto, anche senza i contorni troppo definiti, ma comunque chiaro nelle linee essenziali. Ci deve essere il sole dove andiamo, e staremo insieme, forse delle tappe richiederanno una forza e un coraggio maggiori, ma arriveremo. Anche se la città e le persone e gli avvenimenti e il futuro non sono gentili, puliti, tranquilli, robusti, rassicuranti, non abbandoniamo ora. 

Backstreets è soprattutto la fine del lato A di un vecchio LP, quando ancora i dischi si giravano, c'era un pausa tra un primo e un secondo atto, ed era bello bello sapere, nel silenzio della puntina del giradischi che si alzava, che c'era anche il lato B, e che se giravi il disco c'era ancora una speranza, nonostante tutte le delusioni e il disincanto, e che, se tenevi duro e raddrizzavi la schiena, ce la potevi fare.

We swore forever friends
On the backstreets until the end

Abbiamo giurato di essere amici per sempre,
in queste strade secondarie, fino all fine.

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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