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Barre di errore

18 Aprile 2020 8 commenti

Una decina di giorni fa Vittorio Bo, presidente di Codice Edizioni, mi ha chiesto di contribuire la progetto "Perché la scienza?", un'iniziativa per cui Codice ha riunito "scienziati, filosofi, scrittori, artisti, intellettuali e amici (che) raccontano la loro visione della scienza" nel formato che preferiscono. Io ho scritto questo breve testo, intitolato "Barre di errore", che vi lascio qui sotto. Sul sito dell'iniziativa trovate i video ed i testi di tutti gli altri giganti che hanno risposto, in mezzo ai quali cerco di mimetizzarmi al meglio possibile...

Barre d'errore

Quando i miei studenti mi presentano un grafico, la prima domanda che faccio è: «Dove sono le barre di errore?» Ogni misura che permette di avanzare la nostra comprensione scientifica del mondo si accompagna ad un’incertezza. L’impresa scientifica è prima di tutto la nobile arte di stabilire quali sono i confini della nostra ignoranza, per poi tentare di restringerli.

Sono un fisico delle particelle. Il mio mestiere è domandare ai mattoni fondamentali della materia come funziona… tutto. Condivido le mie giornate con il Modello Standard, una teoria che pur descrivendo bene ciò che conosciamo, risulta per molti versi incompleta e chiede a gran voce di essere perfezionata. Quando noi scienziati siamo capaci di migliorare calcoli ed esperimenti, le barre di errore sui nostri grafici diminuiscono, e la probabilità di osservare fenomeni nuovi cresce. È quello il tempo delle scoperte e dei festeggiamenti, finiti i quali arrivano, puntuali, nuovi punti interrogativi.

Le teorie con cui raccontiamo l’universo non sono che tavolozze su cui non dipingiamo altro che un’approssimazione di quello che osserviamo. Un’approssimazione che migliora ogni giorno, e grazie alla quale siamo capaci di inventare nuove tecnologie, scoprire nuove medicine o nuove fonti di energia, ma pur sempre un’approssimazione, e come tale, per definizione, mai perfetta. Lo scienziato convive ogni giorno con quanto non sa, e ogni giorno fa i conti con livelli di probabilità troppo bassi, e barre di errore ancora troppo grandi. Lo scienziato non si esprime se non molto raramente con un “sì” o un “no” netti. La scienza, per quanto onnipotente possa sembrare, è fatta di tanti “non sappiamo”.

Perché la scienza, oggi, dunque? Per cercare, con metodo e una certa cocciuta perseveranza, di ridurre le barre di errore, immancabili compagne di ogni nostra giornata, sempre pronte a ricordarci che noi scienziati non facciamo altro che danzare continuamente tra la nostra conoscenza e la nostra ignoranza. Una danza, questa, necessaria, che ci invita a guardare il mondo con curiosa umiltà.

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. GIGI dice

    18 Aprile 2020 alle 14:49

    "L’impresa scientifica è prima di tutto la nobile arte di stabilire quali sono i confini della nostra ignoranza, per poi tentare di restringerli."
    Oggi, nella temperie della Covid-19, tutti dovrebbero comprendere e tener presente questa definizione.
    E ricordare sempre che in ogni momento ed evento della vita si dovrebbero conoscere le proprie barre d'errore.
    Ottimo, Marco.

    Rispondi
  2. Fabiano dice

    18 Aprile 2020 alle 16:23

    Complimenti per il contributo. Se non l'avesse fatto GIGI avrei scritto le stesse parole che ha usato lui. La frase evidenziata da GIGI dovrebbe apparire nelle aule delle scuole un po' come "la legge è uguale per tutti" nei tribunali.

    Rispondi
  3. Ferruccio dice

    19 Aprile 2020 alle 09:20

    Era da un po' che volevo raccontare un aneddoto, vissuto personalmente, che ritengo molto istruttivo.

    https://frrfrc.blogspot.com/2020/04/con-la-massima-precisione.html

    Rispondi
    • Marco dice

      19 Aprile 2020 alle 09:40

      Letto. La sola idea di "togliere dall'insieme delle misure precedenti tutte quelle che superavano la deviazione standard al fine di fornire una misura più" mi fa venire il mal si stomaco: chiunque possa averla proposta chiaramente non ha idea di cosa sia una deviazione standard e di come funzionino misure e incertezze. Non oso pensare all'esempio reale. Aiuto.

      Rispondi
      • Ferruccio dice

        19 Aprile 2020 alle 09:45

        Ecco, meglio non osare. Anche perché è difficile, per quanto non impossibile, che un albero faccia un singolo frutto.

        Rispondi
      • juhan dice

        20 Aprile 2020 alle 08:03

        OK; però vale (anzi occorre) togliere quelle sbagliate. Per esempio quelle all'accensione di un dispositivo che impiega un po' di tempo ad andare a regime, cosa che ho affrontato in una battaglia sfibrante quando ero giovane.

        Rispondi
        • Marco dice

          20 Aprile 2020 alle 08:29

          Le misure sbagliate vanno filtrate, o, meglio, trattate separatamente con un'incertezza sistematica dedicata, o persino una correzione che tenga conto dei problemi di misura. Ma il caso descritto è invece pura follia statistica...

          Rispondi
        • Ferruccio dice

          20 Aprile 2020 alle 14:30

          Togliere le misure sbagliate è un'idea corretta, anzi doverosa. A patto di sapere quali sono. Se effettuo misure con uno strumento che ha necessità di andare a regime (ad esempio scaldarsi) prima di fornire misure affidabili posso non considerare i dati forniti prima di un certo istante. Ma osservando solo la distribuzione di dispersione di misure attorno alla loro media non c'è nulla che mi dica con certezza chi sono i buoni e chi i cattivi. In teoria, e qualche volta anche in pratica (potrei fare un esempio fresco fresco), non è chi si discosta più degli altri dalla media la pecora nera. Piuttosto è la vittima innocente di un sistema un po'... "arrotondato".

          Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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