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Storia di un pedale

17 Febbraio 2020 4 commenti

Ho iniziato a suonare la chitarra in seconda media, o forse in terza. C'era un casa un vecchia Eko di mio padre, con il manico stretto, le corde di metallo e l'action altissima che la rendeva quasi insuonabile, ma  a 14 anni i pomeriggi sono lunghi e i calli ai polpastrelli prima o poi vengono. Alla vecchia Eko, distrutta in modo ignobile durante un'uscita scout, sono seguite un numero imprecisato di classiche "da battaglia" fatte solo per suonare intorno al fuoco, molte della torinesissima Ferrarotti che sembrava specializzata in strumenti musicali perfetti per le zappate da spiaggia. Quando le cose si sono fatte più serie, mi sono poi comprato una chitarra acustica decente, poi un'elettrica, e infine, anni dopo, un basso (ma questa è un'altra storia).

Con la chitarra elettrica ovviamente sono arrivati anche un piccolo amplificatore giapponese, dal suono pessimo e gracchiante, ma leggero a sufficienza da poterlo trasportare su e giù per le scale della cantina del mio amico Stefano, che gentilmente offriva il salubre locale alle nostre infinite improvvisazioni blues dell'epoca; e un pedalino overdrive, per sporcare un po' il suono e tentare qualche assolo. Il pedale era un Ibanez TS-10, che comprai di seconda mano per cinquantamila lire nel 1988 o '89 da Pietro, il compagno di liceo con cui suonavo all'epoca. Dopo qualche anno dedicato al blues e al rock, Pietro aveva deciso che la distorsione non faceva più per lui, e voleva dedicarsi alla chitarra jazz.

Il TS-10 è sempre stata la versione "plasticosa" dei più famosi TS-9 e TS-808, ma qualche tempo fa è stato avvistato sulla pedaliera di John Mayer, e pare che lo usasse anche Steve Ray Vaughan. Questi endorsement indiretti ne hanno fatto salire il valore: il mondo dei chitarristi è pieno di fanboy, e molti sono convinti che sia lo strumento a fare il musicista, e non viceversa. Fatto sta che un Ibanez TS-10 d'epoca si vende oggi anche per 300 euro, a patto di provare che contenga quell'op-amp particolare usato nella versione del pedale fabbricata in Giappone (e non quello della versione coreana!) a cui i fanboy attribuiscono il suono particolare che il pedale produrrebbe (credere che un op-amp sia responsabile del suolo di un pedale overdrive la cui distorsione è data dal clipping di un paio di  diodi a me sembra essere prossimo al voodoo, ma chi sono io per giudicare come ciascuno decide di spendere i suoi soldi?).

Complice il recente sgombero di un appartamento messo in vendita, mi sono ritrovato a scavare  tra i miei cimeli musicali, in particolari quelli che non mi hanno seguito nel mio trasferimento all'estero. Ho ritrovato tra le varie cose proprio quel primo amplificatore, e il famoso pedalino. Siccome non lo usavo da anni, dopo aver verificato che funzionasse ancora a dovere e averlo aperto per fotografare l'op-amp magico, ho deciso si metterlo in vendita, per un cifra che a me pare spropositata, ma che forse qualcuno da qualche parte nel mondo è disposto a spendere. È bastato un mese di attesa, e un paio di giorni fa il buon vecchio Ibanez TS-10 è partito alla volta degli Stati Uniti, dove spero farà la felicità di qualche altro chitarrista, magari più bravo (o più maniaco) del sottoscritto.

Con i soldi ricavati conto di comprarmi un amplificatore nuovo: il mio primo giapponese, quello dal suono pessimo e gracchiante, è stato infatti regalato all'insegnante di musica della scuola media di Giulia: la sua qualità sonora è certamente adeguata ai grattacorde di quell'età!

Il Pietro da cui comprai il pedale, e con cui tante schitarrate condivisi negli anni delle superiori, è Pietro Ballestrero. Era già un chitarrista di calibro superiore all'epoca, e negli anni è diventato un raffinato musicista professionista e un insegnante di chitarra molto apprezzato, non prima di essersi laureato in matematica, primo tra tutti noi della classe del liceo. Suo padre, invece, era ricercatore in fisica teorica a Torino, e dopo il liceo, dall'appartamento dove suonavo con suo figlio, me lo sono ritrovato più volte in aula all'università a insegnare. Fast-forward di vent'anni circa, e oggi sono io a ritrovarmi a coordinare il gruppo di lavoro sul bosone di Higgs a cui Ballestrero padre ha ancora contribuito fino a pochissimi anni fa. La vita, a volte, sa essere ben strana.

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Roberto dice

    17 Febbraio 2020 alle 14:01

    Anch'io ho iniziato a suonare la chitarra a 14 anni. Purtroppo la mancanza di attitudine è ancora fonte di personalissima frustrazione. Ma continuo, qualcosa ogni tanto riesce... e poi suonare uno strumento è un'esperienza che, anche se non gratifica sul piano strettamente musicale, mi porta spesso emozioni che non trovo da altre parti.
    Un saluto

    Rispondi
  2. Emanuele dice

    17 Febbraio 2020 alle 14:26

    Questo post mi piace due volte 😀

    Rispondi
  3. GIGI dice

    17 Febbraio 2020 alle 15:00

    La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo occupati in altri progetti.
    Frase ormai abusata, ma mentre invecchi sempre più vera.
    Ma è di John o di De Mello?
    E' nato prima l'uovo o la gallina?
    Boh...

    Rispondi
  4. Lisa dice

    17 Febbraio 2020 alle 20:58

    Pat Metheny suonato veramente ma veramente bene! Forse anche con più intensità dell'originale! Che bravo Pietro. Da ascoltarlo rapiti!

    Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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