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Imparare a fare le cose difficili

14 Marzo 2012 13 commenti

È difficile fare
le cose difficili:
parlare al sordo
mostrare la rosa al cieco.

Bambini, imparate
a fare le cose difficili:
dare la mano al cieco,
cantare per il sordo,
liberare gli schiavi
che si credono liberi.

(Lettera ai bambini, Gianni Rodari)

Un po' perché qualche giorno fa ho scritto questo, e da allora questa poesia mi ronza in testa senza posa. Un po' perché queste parole hanno campeggiato per anni su un poster appeso in camera mia, scritto e illustrato da un'amica dei miei genitori, e mi hanno accompagnato per tutta l'infanzia. Un po' perché fare le cose difficili è dannatamente difficile, e ancora di più se non si è più bambini. Ma imparare a farle è necessario.

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Archiviato in:Letture e riflessioni Contrassegnato con: bambini, cose difficili, Gianni Rodari, infanzia, poesia

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Commenti

  1. calimero dice

    14 Marzo 2012 alle 18:41

    (e' vero, diceva bene, ma con idee del genere, poi i bambini li mangiava di sicuro; cmq io continuerei cosi')

    e voi grandi, raccontate loro le favole
    ma ad un certo punto spiegategli che sono favole
    se cercate l'ignoto, fatelo insieme
    se fate fisica, fatelo con l'entusiasmo di quando avete iniziato
    ma non fino al punto di diventare ciechi davanti alla realta'
    (senno' i bambini vi devono dare le mani e sono gia' impegnati)
    e che dio ci benedica tutti quanti

    Rispondi
  2. My_May dice

    14 Marzo 2012 alle 19:52

    La mente casuale...mentre leggevo quel che ha scritto Marco mi è venuto in mente Hitchcock. Voi direte perchè? Non lo so. 😀
    Poi ho provato a fare una ricerca sugli aforismi del noto regista-attore e ho trovato questo, che mi sembra a tema:

    C'è qualcosa di più importante della logica: l'immaginazione.
    Alfred Hitchcock

    I bambini, ma anche tutti noi che ci siamo passati, imparano ad usare l'immaginazione. Comprendono attraverso l'immaginazione.
    Per Hitchcock addirittura questa è più importante della logica. Trascuro il significato che si può dare a "più importante" e vado al nocciolo. La domanda che mi farei è: la logica (uso questo termine perchè è usato da H., ma mi riferisco in genere alle cose davvero difficili) è completamente priva di immaginazione?

    Rispondi
  3. demetrio dice

    15 Marzo 2012 alle 10:13

    Marco,
    ti chiedo scusa in anticipo per quello che scriverò perchè capisco che questa poesia è stata ed ed ancora per te molto importante.
    Io ...a mio avviso ...con tutte le limitazioni e le mie insufficienze ....col solo scopo di evidenziare il mio personalissimo punto di vista ...trovo la poesia una sequenza di ossimori senza 'verità'.
    Avendo già espresso che per me non esistono cose 'difficili' ma solo cose che non si sanno e che le cose complesse possono essere scomposte in cose più semplici trovo quindi le frasi:
    - "È difficile fare le cose difficili:" non corretta;
    - "parlare al sordo" un modo errato di tentare la comunicazione, bisogna 'conoscerne' un altro ...il LIS;
    - "mostrare la rosa al cieco" un modo errato di trasferire informazioni che non possono essere recepite;
    - "Bambini, imparate a fare le cose difficili:" errato, semmai imparate a ridurre le complessità;
    - "dare la mano al cieco" corretto modo di comunicare;
    - "cantare per il sordo" modo errato di comunicare;
    - "liberare gli schiavi che si credono liberi" ossimoro conclusivo che implica un giudizio soggettivo sul significato di schiavitù e libertà.

    Rispondi
    • Marco dice

      15 Marzo 2012 alle 10:16

      Demetrio, la sola idea che tu possa voler fare l'analisi grammaticale a una poesia mi lascia basito. Le apparenti incoerenze che ti senti in dovere di sottolineare sono il messaggio del testo. Se non lo capisci, amen, nessun testo pretende ti parlare a tutti. Ma lasciati dire che questa critica rasenta il ridicolo.

      Rispondi
  4. demetrio dice

    17 Marzo 2012 alle 18:29

    Marco,
    sinceramente resto deluso dalla tua risposta.
    Ridurre quanto da me espresso ad una 'analisi grammaticale' è il modo di non rispondere nel merito, a meno che non itendi definire 'ridicolo' il mio essere opposto al messaggio della poesia.
    Non si può non tener conto che la poesia è rivolta ai BAMBINI, che l'uso degli ossimori non può che trasferire loro confusione, e per questo li ho sottolineati uno ad uno.
    E', a mio avviso, errato e fuorviante ad esempio dire "far vedere la rosa ad un cieco" perchè:
    1 - non ci si rende conto di cosa significa impossibile;
    2 - non si comunica che si devono cercare altre vie;
    3 - si rischia che un bambino affronti in modo errato la comunicazione con un bambino cieco (questo lo posso affermare per esperienza diretta);
    4 - si crea l'idea che un cieco possa vedere.
    Ad un bambino avrei scritto di impare a raccontare una rosa ad un cieco, fargli capire che ciò che non può essere visto può essere toccato ..... e descritto solo se il cieco non lo era dalla nascita.

    Rispondi
  5. evaldo dice

    18 Marzo 2012 alle 12:00

    @demetrio
    Ad un bambino avrei scritto di impare a raccontare una rosa ad un cieco, fargli capire che ciò che non può essere visto può essere toccato ..... e descritto solo se il cieco non lo era dalla nascita.

    cioè, pensi che i bambini siano così ingenui ?
    ...che sono delle pagine bianche su cui scrivere ?
    e scrivere, tra l'altro, quello che noi pensiamo che sia giusto, o che la nostra formazione univoca ci dice che sia giusto...mah
    La poesia trasmette un' emozione, e questa emozione noi la elaboriamo in maniera del tutto personale e diversa gli uni dagli altri, altrimenti saremmo solo copie su copie.
    penso anche io come Marco che tu abbia clamorosamente toppato !

    P.S.
    io penso che invece non ci sia nulla di difficile, l'uomo dai primordi ad oggi è riuscito ad andare sulla luna con l'unica cosa che aveva a disposizione la mente.

    Rispondi
  6. calimero dice

    18 Marzo 2012 alle 19:44

    ciao demetrio, io penso che quella poesia sia una preziosa metafora. faccio un esempio che ci riguarda; se un fisico teorico dicesse a quegli sperimentali che cercano le dimensioni extra, ma perche' le cercate? perche' ve lo ha detto qualcuno, oppure perche' pensate che ci siano? sarebbe una cosa molto diversa di quello che fanno i suoi colleghi che si riempiono la bocca di parole, prima ti dicono che le dimensioni extra sono ad un millimetro, poi mano mano che non le si trova, le sposta, spiegandogli che non era un millimetro, ma mezzo, un decimo, un centesimo oppure servono ad i neutrini per prendere le scorciatoie... ecco per me quello e' il senso di cercare di fare vedere la rosa (o la fisica) a chi si e' messo a guardare da un altra parte; la speranza e' che la cecita' non sia definitiva.

    Rispondi
  7. bob dice

    19 Marzo 2012 alle 09:04

    @Demetrio:"Non si può non tener conto che la poesia è rivolta ai BAMBINI, che l'uso degli ossimori non può che trasferire loro confusione"
    Ma proprio no. I bambini, almeno i miei due, amano la ripetitività (che porta sicurezza), ma amano, ogni tanto, anche essere "spiazzati". E l'ossimoro (termine utilizzato dagli adulti) proprio questo fa.
    Ricordo una intervista al mago Silvan in cui diceva che i più difficili ed esigenti spettatori che abbia mai avuto sono i bambini: sono molto meno creduloni degli adulti, hanno percorsi di pensiero completamente diversi da noi svezzati ad ogni incredulità....

    Rispondi
  8. Demetrio dice

    19 Marzo 2012 alle 10:53

    in primo luogo voglio ringraziare tutti per l'attenzione dedicata ai mie commenti, con un po' di presunzione arrivo ad affermare che se ho suscitato tante e tali risposte almeno sono stato degno di questo ...quinid non così tanto ridicolo in definitiva.
    La cosa che ci unisce, e ci contrappone, non è se una poesia possa suscitare o meno emozioni, ma se è legittimo che ognuno abbia emozzioni diverse.
    La mia è stata di rifiuto, mi ha infastidito una poesia che affronta, a mio avviso, in modo errato un problema che mi riguarda personalmente e con il quale devo fare i conti tutti i giorni. La cecità di un bambino ...l'imbarazzo di altri bambini nel comunicare con lui ....il non poter salutare 'tranqillamente' con un semplice ci vediamo domani ...i toni delle voci ed il gelo che scende ogni volta che si usa il verbo vedere o un suo sinonimo ....
    Quindi mi ripeto, e vorrei che mi rispondeste ai singoli punti sottoposti senza divagazioni:
    1 - non ci si rende conto di cosa significa impossibile;
    2 - non si comunica che si devono cercare altre vie;
    3 - si rischia che un bambino affronti in modo errato la comunicazione con un bambino cieco (questo lo posso affermare per esperienza diretta);
    4 - si crea l'idea che un cieco possa vedere.
    Poi ovviamente ognuno usa se stesso come filtro, ma provate ad utilizzare quello di un padre con un figlio cieco e rilegete la poesia, sicuramente le sensazioni saranno diverse.

    Rispondi
  9. calimero dice

    19 Marzo 2012 alle 12:47

    demetrio l'avevo intuito ma mi faceva paura parlarne. vedo che tu hai gia' imparato da tempo a far cose impossibili e ti ringrazio per aver fatto vedere me. con tutto l'affetto di un altro papa'---e approfitto per gli auguri, che oggi e' san giuseppe.

    Rispondi
  10. Demetrio dice

    20 Marzo 2012 alle 09:30

    @Calimero
    No. Io non sono quel padre.Sono l'amico.
    Quello a cui ha confidato che il retinoblastoma, normalemte ereditario ma che suo figlio era il primo a contrarre in famiglia, aveva danneggiato irreparabilmente anche il secondo occhio, normalmente si presenta solo su uno, e che avrebbe dovuto decidere se asportare il secondo o continuare le cure con scarsissime speranze ed altissimi rischi che si propagasse al cervello.
    Sono quello che ha ascoltato un padre dire che se fosse stato un rene, il fegato, financo il cuore avrebbe potuto darglieli, ma per un occhio era IMPOSSIBILE.
    Sono quello che ha consigliato di asportare il secondo occhio, ma che ancora oggi non sa se al suo posto avrebbe avuto lo stesso coraggio, tentato 'l'impossibile' con l'idea incofessabile che la metastasi potesse essere una soluzione accettabile.
    Sono quello a cui si è fermato il cuore per un istante, quando il ragazzo scendeva di corsa le scale di casa, abbassando la testa all'ultimo istante per evitare il soffitto basso ...e il sentirmi dire da ragazzo tranquillo conosco l'ambiente non è DIFFICILE.
    Sono quello che vede ogni giorno cosa significa vivere con un handicap, e come la conoscenza faccia la differenza ...mia figlia di 10 anni seduta a teatro vicino a lui descrivere solo le scene, il movimento, quando parole e musica non erano sufficienti.
    Io non so fare cose impossibili. Io non valgo un loro sputo.

    Rispondi
  11. calimero dice

    20 Marzo 2012 alle 23:01

    ciao ti capisco purtroppo. l'amichetta di mia figlia aveva 9 anni quando se ne e' andata. mia figlia le parlava fino alla fine, la capiva solo lei, ed il padre, poveretto. ogni volta che sono stato in situazioni del genere, che so lutti in famiglia o guai gravi, mi sono chiesto, ma e' giusto perdere tanto tempo dietro le particelle? nessuna risposta naturalmente, ma mi sono convinto che sia assurdo non considerare la condizione umana; quindi, bellissima la fisica, ma la famiglia e chi ci sta intorno sono piu' importanti. quanto alla fisica, se lo facciamo come mestiere, abbiamo il dovere di farla al nostro meglio e di farla da uomini, senza credere alle favole. scusa se ho perso tempo per parlare di me. per tornare al cuore della discussione, non credo sia possibile fare di piu' di quello che hai fatto. hai ragione ovviamente l'impossiible non si fa; ogni tanto pero' siamo costretti a provarci e a crederci (o far finta di crederci). di sicuro non va fatto da soli. ciao con amicizia

    Rispondi
  12. valerio dice

    21 Marzo 2012 alle 22:32

    Ma quante critiche ad una bella poesia;e' una metafora, e' l'idea che la tensione necessaria per imparare le cose difficili genera un mondo migliore,o vogliamo saper fare solo quello che sappiamo fare? cosi' nessuno mai evolve in nessun senso etuuto resta uguale a se stesso.....a me e' piaciuta. ciao a tutti.

    Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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