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t'Hooft, la meccanica quantistica e il libero arbitrio

11 Gennaio 2007 4 commenti

La sezione teorica del CERN tra invitando uno dietro l'altro tutti gli eroi della fisica contemporanea a tenere seminari. Oggi è stato il turno di Gerardus t'Hooft, che per chi non lo sapesse è stato premio Nobel per fisica nel 1999...

for elucidating the quantum structure of electroweak interactions in physics

Da un po' di tempo t'Hooft si occupa di nuove interpretazioni del significato fisico delle teorie quantistiche, e il seminario di oggi, intitolato Demystifing quantum mechanics: will there be hints from LHC?, si occupava proprio di discutere a grandi linee questi argomenti.

E' stato un seminario appassionante, anche se obiettivamente un po' ostico. Le teorie quantistiche descrivono i sistemi fisici in termini statistici, ma non si arrogano mai il diritto di dire che cosa realmente succeda nel corso di un singolo avvenimento fisico. Per questo motivo non ha probabilmente molto senso parlare di cosmologia quantistica, siccome non si può ripetere molte volte (per ottenere una distribuzione statistica) la vita dell'universo. t'Hooft si chiede però se sia possibile formulare una teoria deterministica (dunque puntuale nel descrivere l'evoluzione di un sistema) senza distruggere l'impalcatura della meccanica quantistica. Un'ora e mezza non è bastata a farmi capire tutto, e mi riprometto di leggere qualcosa di più per approfondire la questione, che segnalo qui per i curiosi: il suo sito è ovviamente zeppo di pubblicazioni sull'argomento!

La parte più deludente del seminario è stata sfortunatamente la parte finale, ovvero quella dedicata alle implicazioni sperimentali di un così radicale cambio di prospettiva. Liquidato LHC in un paio di trasparenze, t'Hooft si è limitato a dichiarate una spiccata simpatia per nuovi settori di gauge, e un chiaro scetticismo verso le supersimmetrie. Embè? Non serve smontare l'architettura teorica delle teorie correnti per esprimere un'opinione del genere, e il nesso mi è sembrato un po' debole! A questo punto ho avuto l'impressione che il seminario fosse il suo talk standard di questo periodo, a cui erano state attaccate un paio di considerazioni su LHC per renderlo più appetibile al pubblico del CERN.

Di tutta la presentazione, la parte invece più interessante è stata quella legata alla questione del "libero arbitrio". Se l'universo fosse realmente un sistema completamente deterministico, data la sua condizione iniziale e le leggi che lo regolano non ci sarebbe più libero arbitrio. Qualunque scelta apparentemente libera (per esempio, decidere quale componente dello spin di un elettrone misurare, senza per questo presupporre che l'elettrone sappia della direzione del nostro rivelatore) sarebbe in realtà già prederminata, oppure, da un altro punto di vista, influirebbe sul passato. Lui se l'è cavata sostituendo nel quadro teorico il libero arbitrio con la non definizione degli stati iniziali (senza convincermi troppo). Io devo andarmi a studiare le diseguaglianze di Bell. Quanto sono ignorante? Parecchio...

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. GIGI dice

    6 Giugno 2010 alle 16:45

    Bellissimo post.
    In primis è (era) senza commenti, (si era nel 2007, mentre oggi la tua voce è sommersa dagli schiamazzi dei troll).
    Secondo è terribilmente gratificante per me, la tua ultima frase.
    Quindi mi sento autorizzato a smargiassare (avendo ballato sotto lo stesso pergolato con 't Hooft - prima che prendesse il Nobel): anche a me lasciano dubbioso le teorie supersimmetriche 😉 ma tu riesci a darmi una spiegazione semplice (come ad una nonna tonta) di cosa sia, ovvero cosa voglia dire "teoria di gauge"? 🙂

    Rispondi
  2. GIGI dice

    6 Giugno 2010 alle 17:20

    I enjoy having this name. It makes me feel proud if someone handles it right.
    Gerard ’t Hooft
    http://www.phys.uu.nl/~thooft/ap.html

    Rispondi
  3. Marco dice

    7 Giugno 2010 alle 12:29

    Mettiamola così: ai fisici piacciono molto le teorie che restano uguali a se stesse (ovvero, sono invarianti) se sottoposte a certe trasformazioni, perché una proprietà di invarianza ci dice che la teoria ha una sua simmetria interna, simmetria che solitamente è associata con una legge di conservazione. Le invarianze (o simmetrie) più famose e classiche sono quelle "globali": per esempio invarianza per rotazione (la legge è ancora valida se ruoto il sistema), o invarianza per traslazione temporale (la legge vale ieri, oggi e domani). Esiste però anche una categoria più subdola di invarianze "locali", che corrispondono a trasformazioni infinitesime continue del cuore matematico della teoria (e qui non mi chiedere di andare oltre). Le teorie (di campo) il cui cuore matematico (la Lagrangiana) sia invariante per un gruppo continuo di trasformazione locali (questo è matematichese) si chiamano teorie di gauge, e sono in generale quelle che usiamo per descrivere (e calcolare) le interazioni fondamentali.

    Rispondi
  4. GIGI dice

    7 Giugno 2010 alle 13:58

    Grazie Marco,
    la spiegazione migliore che abbia trovato nella divulgazione.
    Hai un talento nella divulgazione, usalo bene e molto, se vuoi.

    Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché. Per qualche tempo ho risposto a domande di fisica (e non solo) sul podcast Tu che sei un fisico (e prima o poi potrei riprendere).

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