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Ci sono sempre almeno tre domande

8 Aprile 2017 6 commenti

Alla fine della conferenza, Margherita mi accompagna a prendere un caffè. I centocinquanta studenti che gremivano l'aula stanno sciamando, dopo una pausa li aspetta un altro incontro della Settimana della Cultura Scientifica di Lecce. Abbiamo fatto un po' tardi: per iniziare abbiamo atteso le classi del liceo di Matera, che sono partite apposta alle 6 del mattino per venire a Lecce, ma si sono perse per strada. Complice il mal di gola, poi, io ho parlato più lentamente del solito. I ragazzi però ascoltavano attenti e partecipavano con entusiasmo, il tempo è volato per tutti.

Nonostante i tempi lunghi, dopo il seminario abbiamo dato spazio alle domande. Davanti al caffè, Margherita mi chiede come faccio a rispondere in modo apparentemente così disinvolto, nonostante l'estrema varietà delle richieste che arrivano. Le spiego che in parte conta l'esperienza - di queste conferenze comincio ad averne tenute parecchie - ma la verità è che la varietà è solo apparente, e ci sono domande che, in una forma o nell'altra, arrivano puntualmente sempre.

C'è sempre la domanda della paura. "Ho sentito dire che le collisioni di LHC possono produrre un buco nero / l'antimateria / un tunnel spazio-temporale / delle particelle strane. C'è pericolo?". Questa volta era una studentessa che sospettava un uso dell'antimateria come potenziale arma, mutuato da Angeli e Demoni di Dan Brown, ma il contenuto specifico della richiesta di rassicurazione importa poco. La fisica delle particelle è in primo luogo un soggetto astruso e difficile da comprendere, e l'idea che si manipolino i "costituenti fondamentali della materia" alimenta sempre timori e interrogativi. Interrogativi leciti e timori infondati, che spesso però vengono malamente alimentati dall'informazione di quarta categoria che circola in rete. Una sola risposta per questo tipo di domande: no, non c'è pericolo, punto. Disquisire di probabilità di eventi rarissimi e stima dei rischi, che sono discipline altrettanto astruse e difficili da comprendere che la fisica delle particelle, non aiuterebbe necessariamente a comprendere.

C'è sempre la domanda sulla Teoria del Tutto. Tra i banchi c'è infatti sempre qualcuno che ha letto qualcosa di più, che si è già informato e ha approfondito, e vuole sapere che cosa penso della teoria delle stringhe, o della grande unificazione, o della gravità quantistica a loop. Non c'è mai tempo per entrare nei dettagli, e rispondere a queste domande rischia di diventare una conversazione privata che escluderebbe il resto della platea. C'è però un punto importante, che penso serva a tutti i partecipanti, e su cui dunque insisto a prescindere dalla complessità della teoria su cui mi vengono chiesti lumi. Una teoria vale tanto quanto le predizioni sperimentalmente testabili che fa. Altrimenti resta una pura speculazione, magari elegante e affascinante, ma non esattamente scienza per come la intendo.

Infine, c'è sempre la domanda sulla spiritualità. Il formato oscilla dal direttissimo "Lei crede in Dio?" al più generico "Scienza e religione sono compatibili?". Il fatto che questa domanda arrivi costantemente (ho veramente tenuto il conto, non c'è stata scuola superiore nella quale non mi sia stata posta in qualche forma) è secondo me il segno che la ricerca spirituale resta una componente importante, fosse anche solo come elemento problematico, nelle persone. E questa è per me una delle domande più difficili a cui rispondere: non tanto perché non abbia un'opinione a riguardo, quanto perché, dietro alla questione, intravedo sempre il desiderio di una conferma. Che da confermare sia l'idea che la scienza abbia definitivamente dimostrato che il sentimento religioso è inutile, oppure invece che esista una possibilità di interazione e affiancamento delle due imprese, poco importa. Non mi sembra mai onesto intervenire, dall'alto dello scranno su cui mi trovo, in una posizione chiaramente asimmetrica e di potere, su un argomento rispetto al quale penso che ognuno, e soprattutto dei giovani nel corso della loro formazione, debba formarsi un'opinione in modo autonomo. Di solito dunque glisso, e al limite invito a leggere Stephen Jay Gould e iniziare dalla sua teoria dei magisteri non sovrapposti, che mi pare un buon punto di partenza per approfondire la questione, qualunque sia la posizione di partenza.

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Archiviato in: Raccontare la scienza Etichettato con:Fisica, scienza, religione, domande, pericolo, incontri, Stephen J. Gould, NOMA, teoria del tutto

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Commenti

  1. GIGI dice

    12 Aprile 2017 a 11:35

    Non ero a Lecce e comunque non mi avrebbero fatto entrare per evidenti motivi di età, però ho un paio di domande.
    Richiedono una risposta da amici, non impegnativa.
    Dici giustamente: "Una teoria vale tanto quanto le predizioni sperimentalmente testabili che fa." Quindi mi pare che né le stringhe, né la gravità quantistica a loop valgano granché.
    Ma tu, personalmente, quale credi abbia più possibilità di diventare una teoria valida? Forse nessuna delle due?
    Questi tempi che viviamo mi fanno pensare alla fine ottocento, quando tutti davano per certa l'esistenza dell'etere luminifero.
    Ho letto su Le scienze un articolo che mette in dubbio la teoria dell'inflazione, altra teoria che non è sperimentabile e la cui validità si basa solo sull'essere l'unica spiegazione trovata di un dato di fatto cosmologico.
    Che ne pensi? Cosa speri che ci riservi il futuro della scienza?
    Di sicuro hai la risposta per questa domanda non originale.

    Rispondi
    • Marco dice

      12 Aprile 2017 a 12:36

      @Gigi: non sono in grado di rispondere. Le stringhe dominano il panorama teorico ormai da talmente tanto tempo che fanno quasi parte del paesaggio, ma predizioni sperimentabili non sono in vista. Io da sperimentale conto ancora in una sorpresa della natura, sperando in qualcosa che venga fuori dalle misure e dagli esperimenti e che sia spiegato o predetto da nessuna teoria nota. Sarebbe bello che fosse di nuovo proprio l'osservazione del mondo a stimolare le menti e non il viceversa, proprio come all'inizio del secolo scorso.

      Rispondi
  2. cloc3 dice

    12 Aprile 2017 a 12:32

    poi ci dovrebbero essere le domande sulla natura concreta dell'esperienza scientifica:
    le domande sui posti di lavoro,
    le domande sulla qualità della vita di un ricercatore;
    le domande sulla libertà di ricerca;
    le domande sulla condivisione della conoscenza;
    le domande sulla contaminazione tra discipline scientifiche distinte (matematica, fisica, ingegneria, informatica e via dicendo);
    le domande sul lavoro di squadra;
    le domande sulle applicazioni pratiche e sulla tecnologia.

    sono domande altrettanto belle, ma forse un po' impegnative per le conferenze di massa. quanto spesso ti capitano domande così, e che cosa sarebbe si potrebbe fare, a tuo parere, per stimolarle di più?

    Rispondi
    • Marco dice

      12 Aprile 2017 a 12:39

      @Cloc3: quasi tutte queste domande arrivano prima o poi, anche se meno frequentemente, forse tranne quelle sulla qualità della vita e la libertà di ricerca, che sono profonde e impegnative più delle altre, ma che forse sfuggono anche perché in questi contesti il mestiere della ricerca è sempre presentato come roseo e soddisfacente, quando invece ovviamente ha i suoi limit specifici e impone le sue difficoltà.

      Rispondi
  3. Juhan dice

    12 Aprile 2017 a 13:45

    Mi intrometto (anche se l'ultima volta ????) riguardo alla domanda di GIGI: Marco l'ha detto anche a me quando gli ho fatto la stessa domanda: "finché non verifico sperimentalmente...". O era "finché non posso verificare sperimentalmente..."? OOPS! vedo che Marco ha già risposto; troppo veloce.
    Piuttosto le risposte alle domande di cloc3 --avendo tempo. OOPS! nel frattempo; troppo lento (io) o veloce (il Blogger).
    Appena visto questo post, chissà, http://www.nature.com/news/muons-big-moment-could-fuel-new-physics-1.21811

    Rispondi
  4. Fabiano dice

    29 Aprile 2017 a 17:15

    @Marco: leggo solo oggi l'articolo e non posso trattenermi dal farti i complimenti. È difficile resistere alla tentazione di promuovere le proprie convinzioni, specialmente in posizione di autorità (mi riferisco alla terza domanda). La tua onestà e sensibilità sul tema è lodevole.

    Rispondi

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Marco Delmastro Mi chiamo Marco Delmastro, sono un fisico delle particelle che lavora all'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Su Borborigmi di un fisico renitente divago di vita all'estero lontani dall'Italia, fisica delle particelle e divulgazione scientifica, ricerca fondamentale, tecnologia e comunicazione nel mondo digitale, educazione, militanza quotidiana e altre amenità. Ho scritto un libro, Particelle familiari, che prova a raccontare cosa faccio di mestiere, e perché.

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